amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

giovedì 7 gennaio 2010

Nascere a Natale (vecchi post)



Quest'autunno, per la prima inconcepibile volta, mi ero persa il Natale: non lo sentivo più. Potevo ben cercarlo sotto il letto, tra le scartoffie, con il naso al vento, ma l'avevo smarrito strada facendo.
Dov'erano finiti i buchi sospetti nel calendario dell'avvento, la cera da grattare via di nascosto dalla tovaglia buona, il gatto che studia le palline dell'albero? Dov'erano finiti quei vini rustici e densi da far brontolare la mamma e i cappellacci rossi che mi obbligava ad infilare per non prendere freddo?
Dove, lo scatolone sigillato con lo scotch da cui tirare fuori l'albero tossendo per la polvere? La polaroid da scattare in fretta per poi fare a gara su chi doveva tenerla al buio fino alla comparsa dell'immagine?

(lo ammetto, ho sempre sbirciato prima del tempo!)
E le babucce di lana fatte dalla nonna? Il panettone senza canditi? Il marzapane che avrei tanto voluto che mi piacesse, perchè sapeva di feste e di magia e di pino freddo, e invece quel cialtrone continuava a non volermi piacere?

Andati.

Li avevo persi insieme al gioco di scovare ogni anno la prima traccia del Natale che arriva, quella lucina nel cortile dei vicini o il luccichio di un nastro argentato in un negozio del centro che inequivocabilmente ti spifferavano che sì, anche per quest'anno ce l'avevamo fatta.

Li avevo persi perché mi mancavi, perchè madonna che freddo, mi ero comprata quella sciarpa e giravo come un fiocco di neve ambulante ma non teneva caldo neanche lontanamente come la stufa accesa in casa tua, che non vedo dall'inverno scorso, e qui non vediamo neanche il cielo da giorni.. se ne sta lì, indolente, sopra le nuvole. Perchè le nostre passeggiate mano nella mano io le conto sulle punte delle dita, perchè non c'è mai tempo per quei momenti stupidi da coppia, telefonarci senza un motivo o annoiarci l'uno dell'altra in una domenica pomeriggio uggiosa. Perchè tutte quelle cose che avrei voluto che mi dicessi, tu non me le hai dette mai.
E' una distanza da coda e calzini, la nostra; mi ricordo di un ragazzo a cui piacevo con la coda di cavallo a scoprirmi la nuca, un ragazzo a cui piacevo con le calze, quelle con la riga sexy posteriore; a un ragazzo piacevano le mie canottierine smilze e gli occhi grandi, e ad un altro i calzini di spugna sulle gambe nude e svegliarsi per uscire insieme a comprare il giornale. Ma di te, a volte, queste cose ancora non le so.

Però ti ho trovato.

Ti ho trovato perchè in questi due anni io mi sono fidata ciecamente di tutte le cose che
non mi hai detto; ti ho trovato perchè corri a prendermi sotto la pioggia, per quando ti fidi, per aver guidato tutte quelle ore al posto mio ed esserti fatto scoprire mentre davi da mangiare a un gabbiano; perchè quando camminiamo una dietro l'altro ogni tanto ti volti per controllare che io sia ancora lì.

Vi ho trovati fra i cannelloni di zucca riusciti troppo dolci e lo champagne da bere a Parigi quando torni, nei canditi da spiluccare e lasciare da parte e nel baseball che sono tornata a respirare, anche se poi nessuno qui riusciva a capire la mia esaltazione commossa per palle curve e fuoricampo.

Ho trovato il Natale della compilation su cui lavorare un mese per ascoltarla un giorno, di neve, di telefonate a mollo su un'isoletta tropicale, un Natale in cui vedere e sentire soltanto chi avevo voglia di vedere e sentire.
Ho trovato questo post che, senza saperlo, parla di me:


"...Questo Natale è il tuo, amore mio che brilli. Lo so che è incredibile ma non conosci altra stagione che il Natale, tu, perchè sei nata il 20 dicembre, vivi da soli 5 giorni e hai sempre visto questo albero luccicante, in casa. Ti c'incanti di fronte; guardi le luci e le stelle e gli angeli e chissà: forse questo ti sembra l'unico mondo possibile. Stare appesi a un ramo nella mezzaluce, a guardare le brutture del mondo affannarsi laggiù per terra."


E allora ho capito perchè il giorno dopo mi sento triste, quando le luci iniziano a spegnersi e nel treno vuoto del ritorno al lavoro per consolarmi comincio a ballare da sola. Quando scendo dal treno e una ventata gelida mi spazza e la mia vicina di posto vola in braccio al fidanzato che era al binario ad aspettarla ed io sto ascoltando quella parte triste di Space Oddity e notoriamente non ho un buon rapporto con le basse temperature e il mio ragazzo il più delle volte non può aspettarmi al binario e soprattutto le luci hanno cominciato a spegnersi, e così mi viene da piangere.
Perchè io sono il Natale.

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