amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

lunedì 29 marzo 2010

Ho ricevuto in regalo un week-end di sole, di oasi, di verde, d'acqua, di gelati da grom e prosecco nel centro di Treviso. Un week-end di chiacchiere, Fra che arriva dopo il lavoro ed io lo lascio solo col Tomtom e quando mi viene in mente Enrico che lo chiama il mio amante mi scappa da ridere; Lauretta e Dino che ci raggiungono e finiamo a mangiare in un posticino delizioso che deliziosamente ci spenna. E passeggiate, e coccole, e scherzi, e poi finalmente quel filo di voce sul più bello.
Sono tornata assonnata al lavoro, con McBesame che mi accoglieva sventolando trionfante uno dei nostri cartoncini, quello con il testo di Orchi e Streghe e gioiosamente mi comunicava che venerdì, al concerto, gli Afterhours hanno suonato anche quella.
Sono tornata e mi sono ritrovata davanti a dei minuscoli polmoncini di coniglio, lì davanti a me che respiravano. Nient'altro: solo due polmoncini attaccati a una macchina sopra un tavolo. Li ho toccati, assistiti, li ho visti rattrappirsi e poi riprendere vita, come per magia, per un'ora e mezza in equilibrio a filmarli mentre vincevano, splendidi, contro la morte.
Ho prenotato il volo.
Ho prenotato il volo.
Ho prenotato il volo!!!
(Fra l'altro, scoprendo che: nel caso mi dovessi azzoppare di qui al 17 aprile mi concedono di portarmi dietro le stampelle, ma solo se non siamo in periodo di allarme, perché verrebbero considerate armi terroristiche; invece i pattini no, quelli vengono sempre considerati armi terroristiche. Come, del resto, i roditori. E che non mi venga in mente di far scorrazzare per il corridoio la mia macchinina telecomandata, che son trent'anni di carcere sicuri!
In compenso, posso tranquillamente portarmi dietro la mia tavola da surf.
Sono anche gentili: se muoio sono mi perdonano per aver perso il volo, ma solo se li avverto prima per telefono. Addirittura, se porto un certificato medico che lo provi, riesco perfino a farmi spostare la data!)

mercoledì 24 marzo 2010


...Sempre che valga come dichiarazione l'aver berciato che:


"Giuro sulla mia prossima vita che in tutte le esistenze che mi separano dal Nirvana non m'innamorerò mai più di te!!"

Un po' originale, diciamo.



Mi sveglio e per prima cosa controllo il cellulare, visto com'è andata a finire ieri non si sa mai. Tiro fuori quasi tutti i vestiti e alla fine ne scelgo uno rosso, il rosso mi piace, mi incalza, mi sferza.
Poi scendo a fare colazione e la casa è immersa in una bolla: la figura paterna si muove come un cospiratore, bisbiglia che "sssht, tua madre non ha dormito stanotte" e a me viene da ridere, perché come al solito io non dormo da venerdì e dopo 6 notti in bianco al massimo mi becco le sue battutine sul ritorno del Tomtom, mentre dopo una notte sola lei fa fermare la casa: ha chiuso tutte le porte, lasciato fuori il gatto che mi fissa cercando di corrompermi con quell'aria disperata che ha meticolosamente perfezionato nel corso degli anni. Certo, mi fa un po' innervosire ma in fondo è carino che dopo 40 anni siano ancora così.

Mi ricorda la prima volta che ho detto "ti amo", e in realtà non l'ho detto: lui era stato il primo ma io ancora non me la sentivo di rispondergli, non mi è mai piaciuto usare le parole a caso e probabilmente lo stesso, ripensandoci, le ho dette troppo; però un giorno mi è uscito quel "ciao" e chissà come lui ha sentito "ti amo", l'ho capito subito che aveva sentito male, per come gli si erano illuminati gli occhi, e non ho avuto cuore di correggerlo. Ho lasciato che fosse, perché tanto sapevo che sarebbe arrivato anche per me.

Fa caldo, e sostituisco il giubbotto pesante con il cappottino nero; con questo sole, i confini sono più netti: li sbircio dal finestrino del treno, che ho preso come sempre in ritardo.
Le strade, le case, gli orti sono più zitti in queste mattine improvvise di sole. Chissà a Siviglia quanto farà caldo?
Chissà quali posti scoveremo per mangiare, quali viottoli pieni di sciocche meraviglie, il finestrino si appanna mentre ci penso, una ragazza fruga dentro a un sacchetto.
Entro all'e.r. con quel passo deciso che ho quando penso a qualcosa, la gente in fila per una visita si volta a guardare quell'unica persona che sembra avere fretta di entrarci. Dal bar il solito profumo di brioche e cappuccino mi rincorre; non capisci mai quanto forte sia finché non esci dall'Italia e provi istintivamente a cercarlo. Ma non lo trovi. Non lo trovi mai.
Come sarà il profumo dell'Andalusia? Saprà di burro, di sale, di arance? Saprà di vento e di limoni e di foto con il mare alle spalle?

E' strano essere arrabbiata ed avere voglia di abbracciarlo. Eppure, con lui, mi capita sempre. Ieri mi sono arrabbiata tantissimo eppure, se fosse qui, vorrei farlo.

Di fronte a me una signora con il cappello mi fa perdere la pazienza, la supero, lascio gli ascensori zeppi per le scale, che mi fanno arrivare in cima strapazzata dal caldo. In borsa i soliti 4 kg di fogli, trucchi, penne, pastiglie, gomme, ombrelli, auricolari, bottiglie d'acqua, fotografie: mi rallentano, ma mi danno ispirazione; per questo me li porto dietro.
E dopo sei piani incrocio McBesame e gli dedico il primo sorriso della giornata - sembra tutto normale oggi, tutto come al solito e invece io, zitta zitta, so che non è così per niente.

lunedì 22 marzo 2010

Cambi di programmi


..Ovvero, quando all'ultimo momento la tua serata culturale salta e la Figura Materna non lo sa, e forse non è esattamente necessario raccontarglielo.

FM:
Allora, com'è andata la presentazione del libro ieri sera? Interessante?

[fermo immagine di lei in completo di pizzo nero che grida "sculacciami" (il completo, non lei), con autoreggenti, tacchi e guepiere e una sottoveste malandrina, e lui che con un sol gesto spazza via tutto ciò che sta sopra il tavolo, bicchieri di vino e candele afrodisiache compresi, e poi, per le seguenti tre ore, anche tutto il resto in ogni stanza della casa]
N: Direi molto, ehm.. Appassionante!


(commento risultato estremamente credibile il giorno dopo, al risveglio comprensivo di simpatiche conseguenze della luna di miele)

giovedì 18 marzo 2010

Scambi di sms...


T:
Non ti ho risposto perché li ho letti stamattina alle 7 mentre morivo di freddo perché ero tutto nudo.

N: Tutto nudo!!! Come puoi scrivermi di te tutto nudo!!! E adesso chi lavora più?!!
T:
Non sono tutto nudo, stamattina ero tutto nudo, adesso sono in aereo per Roma e se fossi tutto nudo cosa dici che penserebbe la gente..?
N:
Non so, ma io penserei un gran bene. Ti dona stare tutto nudo!

Non ti ho sentito oggi, sei ancora fra le tue riunioni romane? Ieri c'era il sole, perciò ho cambiato strada la mattina per raggiungere l'e.r. - ho camminato dove potevo agguantarlo il più a lungo possibile: quando torni, quando sei qui, mi sembra di avere più fretta di iniziare le cose che mi rendono felice.
Se quella strada fosse stata mia, mi sarebbe piaciuto trascinarla verso qualche lungomare; di quelli coi panifici aperti e i ladri di brioches, e le radici dei pini marittimi che sollevano ai lati i marciapiedi.
Mi sarebbe piaciuto incrociare un cane e inciampare su due vasi di primule e poi chissà, magari se fosse stata mia l'avrei fatta arrivare fino a quell'aperitivo a piazza di Spagna.

martedì 16 marzo 2010

Non cercare mai




Non cercare mai di dire il tuo amore,

Amore che non può essere mai detto;
Il gentile soffio si muove
In silenzio, invisibile.

Dissi il mio amore, già dissi il mio amore,
Il cuore le apersi;
Tremando, gelando, in orrenda tema,
Ah! Lei, lei se ne andò.

Appena mi lasciò,
Un viandante passò,
In silenzio, invisibile:
Gli bastò un sospiro, la prese.


W. Blake

The Chimney Sweeper


And because I am happy and dance and sing,
they think they done me no injury,

and are gone to praise God and his Priest and King,

who make up a heaven of our misery


W. Blake


Si comincia con tutti quegli ingredienti sparsi per la cucina, il cioccolato da rompere per farne gocce e la gatta che annusa curiosa il mucchio di farina. Si comincia con le maniche arrotolate e il forno da regolare al punto giusto (e chi si era mai accorto di quanto possa essere complicato un forno poi?), e tante terrine colorate e fruste e pochi trucchi migrati da donna a donna in famiglia per preparargli la colazione di domani.
Poi i capelli, i pensieri si sciolgono, le contraddizioni ritornano sfacciate e vestita di blu sono in un treno che mi porta, come tante altre volte in questi 27 anni, a Venezia.

Non posso farne a meno. Non posso fare a meno di perdermi, scegliere a naso calli e rii come un migrare, e stupirmi per aver riconosciuto quella panchina di due anni prima, un vecchio bacaro, l'oste che invita i musicisti senza denti a fare più piano.

Gatti più pigri degli altri a Venezia:
non li vedi camminare
mai, con quelle righe sulla schiena che vanno a rilento anche loro, abituati come sono al sole che li insegue e finisce sempre per scovarli da qualche parte, su qualche pozzo. Bettole di tavole apparecchiate e camerieri che ti invitano prima di sentirti parlare, che quel modo strascicato è anche il tuo, che i bicchieri ne frattempo passano di mano, un giro a me, poi un giro a te, ci sarà sempre qualcuno che ci prenderà per turisti a Venezia e poi in fondo a Venezia non sono turisti anche i veneziani?
Girare insieme mentre l'imbrunire spappola la massa di visitatori chiassosi e cangianti del giorno; costringersi e riconoscersi nelle vie strette come una specie di famiglia, come un guado, un lasciapassare, che non ti ricordi nemmeno un quarto dei nomi delle persone con cui stai ma alla fine ci canti insieme, e scopri le loro vite, i loro capelli, le loro piazze; e poi al ritorno tutti insieme - di fronte a una pizza, una bruschetta, non importa, quel che si trova che son le undici di sera, fuori scende la nebbia e questa notte non dormirai da sola.

martedì 9 marzo 2010


T: Ti sta proprio sulle scatole il tuo sindaco.
N: Irresistibilmente! So che volevi palesare le tue intenzioni ma quando mi chiederai di sposarti non so se potrò farlo fare a lui, brr!
T:
...
N: Puoi respirare adesso, è finito lo scherzo.


Conoscendolo, meglio premunirsi.

T: Accidenti, mi sono dimenticato che potevo comprarlo qui!
N:
Dai, lo farai domani.

T: Ma che testa! Potevo comprarlo!
N:
Suvvia dai, ci sei anche domani.
T:
...
N: ...Ci sei anche domani, vero??


E' tornato. E in quanto tale ha già prodotto più materiale usufruibile per il Maschilefemminile di un'intera serie di Beautiful. Non che possa lamentarmi oggi, dopo il mazzo di mimose e orchidee assolutamente sorprendente di ieri sera, ma bisogna pur lasciare certe testimonianze ai posteri! E così ecco che il Maschilefemminile torna anche in questo blog...

N: Sai che venerdì 19 c'è Mauro Corona a Palazzo Roberti?
T: Bello! Vacci presto che se no non trovi posto.
N: ...

lunedì 8 marzo 2010

Bibbidi Bobbidi Bu


Scoprire che il ritorno del Tomtom ha ferito qualcuno che non ti saresti aspettata è strano, bizzarro e si mescola con quella sua capacità di travolgerti di gioia e tristezza allo stesso tempo, perché non c'è nessuno che, come lui, sappia largheggiare entrambi mentre investe la tua esistenza di calma e di sassi, di colori e di silenzio, di tepore e di incertezze. Allora questa volta adotti una politica nuova: quella del pensiero a voce alta, costi quel che costi da oggi si svela più cuore in due giorni di quanto tu abbia fatto in due anni. Dire tutto. A volte giocando, con leggerezza e simpatiche schermaglie per non mettere nessuno con le spalle al muro.
Ogni tanto invece scuoterlo con frasi precise, sincere, appuntite, favorite dalla complicità di quel vino che non avevi mai assaggiato prima ma che con quel nome, Bidibi, qualcosa di magico doveva averlo per forza!

Infatti lui rimane in silenzio per un po', e già ti dispiace vederlo così colpito dalle tue parole, quando lui allunga una mano e ti fa una coccola, una carezza che non è ancora una risposta a voce, mannaggia, però lo conosci ed è già una risposta, perché le sue carezze sono tutte diverse ed ognuna ti parla. In ognuna trovi parole, pensieri differenti che ti si rivelano, allora gli mordi un dito e questo ti fa sentire meglio e ci scappa pure un sorriso, perché lo sai che ci sta male anche lui.

domenica 7 marzo 2010

Domanda & Risposta

Dialoghi interni alla mia mente:

D:
E' un inverno che va via da noi

e allora come spieghi
questa maledetta nostalgia?

R: Voglio andare ad Algheerooo
in compagnia di uno SPARVIEEROOO

Somiglianze




N e il giovin C.
in una sauna stranamente vuota

gC:
Ho iniziato il libro che mi hai prestato!

N:
Com'è?

gC: ...
N: Strano, vero?
gC: Ti somiglia.

martedì 2 marzo 2010

Parte 2: Nidi


Perché mi innervosisco quando, alla vigilia del ritorno, mi chiedono se sono felice?
E' difficile da spiegare. Bisognerebbe conoscermi bene, avere a che fare con i miei lunghissimi grovigli.

Sabato pomeriggio mi trovavo in una di quelle grandi librerie dai lunghissimi scaffali tracimanti di titoli e bestseller e ho pensato a questa cosa: io, i nuovi iscritti alla filarmonica, non li amo per niente.
Sono come una grande libreria piena di mensole bianche laccate, tutte uguali come una catena di montaggio, che quando se ne rovina una è già pronta quella nuova a sostituirla... Ben diversa da quel legno roso dai tarli e stipato in angoli angusti che eravamo noi. Noi eravamo una libreria piccola piena di polvere, con l'insegna sbiadita e ogni angolo ammaccato in modo diverso; una di quelle in cui non trovavi mai quello che cercavi perché i libri erano disposti secondo regole arcane, da paradigmi dell'Accademia dei Librai Magici, e ti toccava girare per un pomeriggio intero addocchiando copertine rilegate e titoli sconosciuti e prendere la scala per i ripiani troppo alti, e alla fine ti arrendevi e andavi a chiedere e quello che cercavi mancava comunque, così ti toccava ordinarlo; eppure anche questo faceva parte dell'amore per quel libro: anche l'attesa.
Non era tutto pronto in ordine alfabetico come in queste nuove librerie di lacca con le loro velleità di virtuosismi musicali, così ignare di quanto sudore, quanta ingenuità, quanta speranza ci sia costato quel giocattolo che tengono fra le mani. Arrivano come musicisti navigati, cantanti navigati, dopo un mese di lezioni distribuiscono sofismi e pareri illuminati.
Ma dov'è quell'amore da divisa troppo grande da portare con le maniche arrotolate per tenere in mano un sax, un violino, senza impigliarsi? Quell'amore viscerale che ti spingeva anche a cambiare strumento, ad abbandonare quella parte di te, il prolungamento delle tue dita, della tua pelle, quell'odore di legno e di corde bruciate dall'uso che era diventato il tuo stesso odore, pur di farne parte e di aiutarla a nascere?
Dove sono, nelle librerie laccate, i pomeriggi a trasportare in cinque un violoncello sui tetti pericolanti di vecchi teatri abbandonati in mancanza di posti migliori in cui provare? Quelle finestrelle da cui parlare con i gatti, il primo concerto conquistato con l'orchestra, quei malori prima delle esibizioni sotto le maledette luci peggio dei caloriferi, e il dito bagnato che scivola e l'occhio s'appanna ma tu ci vai lo stesso, ti senti male ma ci vai lo stesso, e se un secondo fa ti sostenevano a braccia ora stai lì, spavalda e dimentica mentre suoni, e chi ti ferma più se oltre alla tua hai anche la forza di quel gruppo compatto come una presa di cemento, dei primi amori, dei litigi fra una nota e una stecca, e un leggio che cade con un tonfo sparpagliando spartiti come rondini.
Quel caos primordiale dell'accordare gli strumenti che spariva nell'esatto secondo in cui Giulio sollevava la bacchetta - quanto ci avevi messo a chiamarlo Giulio, dopo tre anni sui banchi, che ancora adesso a incontrarlo ti scappa quel prof, e in fondo ti piace che sia prof
prima che Giulio: ti è sempre stato indispensabile avere, prima di tutto, buoni maestri per cui lanciarti nel fuoco.
Le buone librerie, quelle in legno di ciliegio e drappi bordeaux alla porta, io penso esistano ancora.
Ne ritrovo frammenti a volte: una frase quasi distratta di un'amica, un abbraccio con Francesco. Frammenti perfino in sauna, con quel profumo di pane che ti avvolge appena apri la porta, il legno caldo, la luce soffusa, l'intimità dell'appuntamento, sarà un abbaglio non importa, lo so che non è una libreria intera, ma qualche volta ti basta il frammento. Ti basta il Mariachi che scende con noi lo stesso perché è lunedì, e casomai tornerà a correre dopo, e invece alla fine si ferma a chiacchierare e si sparano battute terribili, di caldo e di buio e di stanchezza, e poi quel "ma non è che ora smetti di venire, vero?" che sa un po' di polvere e legno tarlato.
Questo è il motivo.
Questo pensavo di fronte allo scaffale laccato, quasi ospedaliero, indecisa fra un Ammaniti e un Simenon, e alla fine non ho comprato nessuno dei due perché i bei libri meritano anche di essere acquistati in belle librerie.

Ho ricominciato, in questi giorni, ad addormentarmi come quando ero piccola con quella tecnica sottile del "'ndo cojo cojo" che mi permetteva di colonizzare le località più amene del n.15 in una manciata di secondi.
Certo non sono più in grado di raggiungere certi picchi di virtuosismo quali l'addormentarmi sulla tromba delle scale (che tromba non è, poiché si fa solo un piano) sul marmo freddo tra il terzo ed il quarto scalino.
Diciamo che mi distinguo in risultati discreti come crollare in tutti i modi, tutti i luoghi e tutti i laghi ogni volta che ho provato a sorbirmi una puntata di Sanremo. O crollare in poltrona mentre asciugo i capelli, cosa che permette alla figura materna (dall'indefessa passione per riccioli virgole boccoli e tirabaci) di sostituire i bigodini grandi con quelli piccoli e farmi diventare, al risveglio, la Clerici.
Per consolarsi una si dice: va bene, guarda che bel sole c'è stamattina; mette gli occhiali scuri, prende la macchina e a metà strada si infila in una nebbia da pietra tombale.
Ma mica quella dell'altro giorno, che aleggiava un'aria magica con il sole e il cielo limpido e questa strana nebbia che sembrava voler rendere possibile le cose più arcane: un muro, e basta.
Allora una si dà agli acquisti mirati, tipo che oggi se faccio in tempo mi prendo un paio di leggings nuovi, che non siano troppo larghi troppo lunghi troppo trasparenti troppo grossi, che non ne trovo un paio come dico io e a proposito di acquisti mirati in vista del ritorno (di oggi) del Tomtom ne ho fatto uno anche qualche giorno fa: un paio di autoreggenti nere di cui mi ero follemente innamorata su un catalogo, molto semplici ma zexi assai, per via di due giarrettiere con bretelline cui assicurarle.
Naturalmente ho preso una primaseconda, che in base alle tabelle descrittive dovrebbe corrispondermi come a nessuna donna mai.
Naturalmente anche la commessa ci ha tenuto a specificare che in quanto coprenti, ti assicuro, sono pure cortine.
...
Naturalmente le tabelle descrittive sono una bufala e la commessa viene pagata per assecondarle. L'unico modo per farmi andare bene in lunghezza quelle giarrettiere, visto che secondo loro è tutto così "cortino", sarà infilarmele al polso!

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