amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

martedì 16 marzo 2010


Si comincia con tutti quegli ingredienti sparsi per la cucina, il cioccolato da rompere per farne gocce e la gatta che annusa curiosa il mucchio di farina. Si comincia con le maniche arrotolate e il forno da regolare al punto giusto (e chi si era mai accorto di quanto possa essere complicato un forno poi?), e tante terrine colorate e fruste e pochi trucchi migrati da donna a donna in famiglia per preparargli la colazione di domani.
Poi i capelli, i pensieri si sciolgono, le contraddizioni ritornano sfacciate e vestita di blu sono in un treno che mi porta, come tante altre volte in questi 27 anni, a Venezia.

Non posso farne a meno. Non posso fare a meno di perdermi, scegliere a naso calli e rii come un migrare, e stupirmi per aver riconosciuto quella panchina di due anni prima, un vecchio bacaro, l'oste che invita i musicisti senza denti a fare più piano.

Gatti più pigri degli altri a Venezia:
non li vedi camminare
mai, con quelle righe sulla schiena che vanno a rilento anche loro, abituati come sono al sole che li insegue e finisce sempre per scovarli da qualche parte, su qualche pozzo. Bettole di tavole apparecchiate e camerieri che ti invitano prima di sentirti parlare, che quel modo strascicato è anche il tuo, che i bicchieri ne frattempo passano di mano, un giro a me, poi un giro a te, ci sarà sempre qualcuno che ci prenderà per turisti a Venezia e poi in fondo a Venezia non sono turisti anche i veneziani?
Girare insieme mentre l'imbrunire spappola la massa di visitatori chiassosi e cangianti del giorno; costringersi e riconoscersi nelle vie strette come una specie di famiglia, come un guado, un lasciapassare, che non ti ricordi nemmeno un quarto dei nomi delle persone con cui stai ma alla fine ci canti insieme, e scopri le loro vite, i loro capelli, le loro piazze; e poi al ritorno tutti insieme - di fronte a una pizza, una bruschetta, non importa, quel che si trova che son le undici di sera, fuori scende la nebbia e questa notte non dormirai da sola.

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