amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

martedì 4 maggio 2010

Diario di viaggio - Terzo giorno


(22.04.2010)

Già il terzo giorno, e questa volta il felino non viene a trovarci, peccato, mi sarebbe piaciuto salutarlo. Scoviamo un B&B a Lucca e partiamo, stanchi per la nottataccia da "digestione di fiorentina in atto" e prendendocela un po' più comoda delle previsioni iniziali, infatti la camminata tra le colline salta in favore di una semplice passeggiata sul lungomare di Livorno.

Livorno.
Andiamo incontro a una giornata tersa e ventosa, di luce e capelli spettinati. In una mano la fotocamera, l'altra libera per afferrarci camminando. Il vento schiaffeggia i cartelli stradali, schiva i pennoni delle barche ancorate, straccia i manifesti e inumidisce la statua di bronzo dei Quattro Mori.
Ci tenevo molto ad andarci, per cui l'impatto è un po' spaesante: la città non si muove all'unisono con il vento, oppone una feroce resistenza al disgregarsi risultando così arruffata e spoglia, con abitanti scorbutici e priva di quei localini pittoreschi di cui dovevano formicolare le rive dei canali. Non mi piace, ma mi piace. Mi appare brutta ma so che, se ci vivessi, l'amerei: il mare è un modo di vedere e vivere le cose. Come noi diciamo colline, sentieri, casolari, e serate docili nei centri storici, loro hanno le voci salmastre e i modi scompigliati, e la pelle ruvida del porto.
Respirare il mare fa scomparire il resto del mondo. Solo mare da inghiottire a pieni polmoni, e terrazze e vento e un gatto sfrontato abituato ai turisti che si lascia fotografare mentre si impigrisce al sole come una diva dei tempi andati.
Lucca, invece, è una scoperta. Piccola e da fotografare, in ogni via, ogni bottega, ogni grondaia pencolante. I raggi del sole per arrivare in fondo alle viuzze devono piegarsi e abbassarsi sotto le arcate, schivando davanzali, carezzando vasi di fiori in disordine, rimbalzando sull'acciottolato e scivolando sulle tegole bagnate dei tetti. Sono raggi scarsi che sbattono il naso contro la vecchia insegna di un portico che sembra aver preso la forma dalle persone che ci hanno camminato sotto.
In fondo non succede così anche con noi? Non prendiamo, noi stessi, la forma che abbiamo in base agli scontri che ci succedono e a quelli che schiviamo e agli altri più morbidi che chiamiamo abbracci e ai movimenti che ci vivono tutt'intorno?
Prendiamo un aperitivo di fianco alla chiesa mentre mia madre mi telefona per dirmi che la gatta non si muove mai dalla porta, rimane lì ad aspettarmi con l'ostinazione che può avere una gatta che ha adottato una famiglia per metà trentina, e ovviamente riesce nel suo intento di farmi sentire in colpa e di lamentare due o tre "Povera, povera la mia micina sola e abbandonata!" gonfi di pentimento.
Tra vent'anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto. Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete con le vostre vele i venti. Esplorate. Sognate. Scoprite. (Mark Twain)
Tra vent'anni, cosa penserò di questo momento?



La fotografia: Una strega alta 30cm è appesa sotto una zona coperta del mercato portuale. Mi perdo ad immaginare la scena in cui, alcuni mesi fa, ad un mercato domenicale irrompe il brutto tempo e le bancarelle sbaraccano in tutta fretta. Una donna non riesce a slacciare quel nodo troppo stretto che lega il pupazzo al palo e allora il marito le grida di andare ad aiutarlo a smontare il bancone, che poi a quello ci penserà lui.
Invece tutti se ne dimenticano, scappando dall'uragano improvviso, e lei rimane lì a farsi scalciare dal vento perenne del mare.

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