amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

lunedì 7 giugno 2010

Una casa coi mattoni fermi


Con gli antichi fidanzati della gioventù di primo pelo facevo tutte queste cose importanti tipo vestirmi punk-rock (povera cara), vestirmi da signorina per bene (in base al fidanzato e all'estro del momento) o non vestirmi affatto. Si andava a mostre oppure a bere Chianti, oppure a bivaccare ai concerti del primo maggio. A volte si litigava fingendo di studiare, e qualcuno distruggeva la macchina nuova.
Il massimo del senso pratico e della proiezione nel futuro, in quegli anni, era: ci sposeremo in riva al mare a piedi nudi nel tramonto.
Non è che io sia esattamente diventata questa personcina ragionevole e pragmatica, cado ancora sia dai tacchi che dalle scarpe basse, non so cucinare e amo molto sdraiarmi fra l'erba un attimo prima di ricordare che stamattina ho messo quel delizioso abito bianco.

Però il Tomtom è riuscito a traghettare il mio inguaribile "l'importante è che tu non mi sia di àncora" verso un'insospettabile weltanschauung; dopo 2 anni e mezzo di Tomtom non trovo più insopportabile, anzi quasi solleticante, l'idea (in un futuro non enormemente remoto) di una casa.

Una casa vera, con i mattoni fermi ed il numero sopra, tutta mia - tutta nostra; che sia da creare e da riempire di librerie tarlate e caminetti, e un grande tavolo di legno per le cene con gli amici. Che sia da curare piantando alberi da frutto finché non mi somiglia.

Oddio, son cresciuta?
Che spavento.

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