amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

mercoledì 7 luglio 2010

Una specie di lettera d'amore


Mi sono accorta che ogni anno, una volta l'anno, ti scrivo una lettera d'amore - in qualche modo.
Allora mettiamola così stavolta: ti racconterò il mio punto di vista anziché assassinarti con un furioso ciao, come stai?, io bene, mi sono laureata, ho avuto tre bambini e cominciato a lavorare per la Nasa mentre tu evitavi di farti sentire con la scusa dell'Africa.
Perché io sono così, complicata in maniera selvaggia, e schietta, e le cose che penso e sento me le porto addosso come una borsa rossa, un paio di scarpe, una coda di cavallo: ben visibili.
Ho questi grovigli da districare e se un po' di pratica, in 27 anni, con loro l'ho fatta, mi ha permesso di capire che per salvarmi devo buttarli fuori per forza; quando arrivano devo scriverli o spiegarli o cantarli o gridarli, altrimenti si ingigantiscono schiacciando tutto quello che trovano sul loro percorso, e se trovano qualcosa cui non tengo particolarmente posso anche stare zitta e lasciarli fare.
Ma se ci tengo, no. Devo comunicare con te (altrimenti a che serviamo?), devo dirtelo, quello che penso, e tu che non mi conoscevi prima e che, a volte, non mi conosci neanche adesso, non puoi aver visto quanto, in questi anni in cui sei arrivato, io sia cambiata. Per te - no, non per te,
con te, che anche quando stavi in un altro emisfero era tutta una vita insieme a te lo stesso.

Magari il fatto che io ora riesca a contare fino a tre prima di esplodere può voler dire poco a te, che non fai altro che contare, e dio sa se vorrei che qualche volta la smettessi e mi parlassi - ma a me che i numeri per trattenermi non li ho usati mai, arrivare fino a quel tre costa una fortuna. E non lo dico per propinarti la mia bravura: è per dirti che ci tengo. E' perché ci tengo che adesso sto contando fino a tremila, che è quasi un miracolo, e ti scrivo quello che sento per te anziché azzuffarmi e lanciarti oggetti pesanti per questo tuo atteggiamento quasi imperdonabile. Ho scritto quasi. Ma bisogna che ci sbrighiamo.
Perciò, per favore, non prenderla sul personale quando ti dico le cose che ho bisogno di dirti perché per me stare zitta è non-amore. Parlarti, al contrario, è un atto d'amore e, ora, un modo urgente per salvarci.
Non sparire in questo assurdo modo nel nulla, ogni volta con una scusa diversa come se in venti giorni non avessi potuto trovare nessuno stupido modo per mandarmi due righe se avessi voluto, perché sei la persona con cui voglio stare e non dico che non vivrei senza di te - perché ho imparato che siamo gli esseri più adattabili dell'universo, ma di sicuro dico che non vivrei bene senza di te. Non vivrei come voglio vivere e con chi voglio vivere, e non avrei più voglia di fare con qualcuno tutte quelle cose che ho voglia di fare con te: quelle che prima mi spaventavano perché non avevano vie di fuga e quelle che piacciono solo a me come raccontarti dei temporali che hanno isolato i telefoni, del ragazzo di mia cugina che presenta il suo libro in un'enoteca di Montegrotto, dell'ultimo tizio strampalato che ho incrociato per strada, e che tu accetti di buon grado; e poi quelle che ci piace fare insieme, come toglierci i vestiti nelle stanze sbagliate o scegliere un buon vino in una terrazza fresca con il pergolato.
Ho fatto l'esame, sai. Non mi hai neanche chiesto come sia andato - neanche una volta - questo è quasi peggio di te che smetti di farti sentire, telefonate interrotte e cellulari spenti e mail e sms senza risposta. Perché è stato uno dei momenti più pieni di significato della mia esistenza ed era a te, non ad altri, che volevo raccontarlo. A te che quella sera in pizzeria mi hai tarpato l'entusiasmo di raccontarti che lo stavo per fare, perché anticipandomi mi avevi detto che non credevi più che l'avrei fatto.
Però, sai, non posso rincorrerti all'infinito.

Adesso - non dopo, non quando ne avrai voglia, sono qui. Questa è la tua occasione per girarti e guardarmi e farmi capire, per fare in modo che tutto questo non sparisca.
Ce l'hai, ne farai buon uso?

0 Comments:

Post a Comment