amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

martedì 10 agosto 2010

Come una ballerina sulle punte


E niente, una si fa tutta una serie di interventi mentali per sopportare i mal di pancia, gli attacchi di panico e il Tomtom che si è tramutato di punto in bianco nell'uomo nero. Ci prova. Arriva il diluvio e dopo essere uscita dall'ospedale di corsa saltellando come una leprotta per la sagace decisione di quella mattina di mettere le ballerine di pizzo, si rifugia in macchina come una ladra e che fa? non resiste e si prende quei venti minuti di tranquillità per leggere, sì dico, per leggere, apre il libro con espressione godereccia per via del ticchettio della pioggia sul vetro che nonostante il parcheggio grigio dell'e.r., in quell'esatto momento, con quella tonalità pesante di ghisa e quel sms al telefono, ti fa sentire come sotto una veranda, una da cui nessuno verrà a strapparti riportandoti alla cruda realtà in cui la parte peggiore è quando appoggerai la testa sul cuscino perché sai che arriveranno gli incubi: si faranno strada travestiti da sogni, si radicheranno così profondamente nel tuo sonno da rivelarsi solo quando non potrai più scappare, notte dopo notte, e così quello che era il momento migliore della giornata, appena prima di dormire, quando sei piena di speranza e sogni e buoni propositi, e anche di pensieri sciocchi che non oseresti confessare, diventa solo, solamente, un abisso di paura che ti ingoia tutta e ti impedisce, notte dopo notte, di addormentarti se non sempre più tardi, ogni volta un po' più tardi, con pretesti banali, qualcosa da leggere, amici che non vedevi da tempo, un film molto noioso alla tv, sbarrandoti gli occhi fino a quando la luce ti gratta via un po' di quel sacro terrore di dosso, come quando eri piccola e si portava via i fantasmi.

E poi niente, una fa tutti questi tentativi molto zen, molto maturi, per superare le cose che le rotolano addosso una dopo l'altra, dice le cose in faccia a chi se le merita, prende l'aperitivo con un collega che magari ci proverà spudoratamente, va a trovare la mamma del Tomtom che le regala 50 centesimi trovati per terra per buona fortuna, si mette a percorrere chilometri su chilometri in bicicletta (in particolar modo mi piace rivedere le strade che, di solito, faccio con la macchina. E' tutto un altro microcosmo: ti viene questa nuova concezione del tempo, delle distanze percorse, di ogni piccolissima gobba sul terreno che fa sobbalzare il tuo menisco da ottantenne, e non è come quando fai quegli stessi percorsi comodamente seduta, senza quasi accorgertene. Improvvisamente ti rendi conto della fatica che hai dovuto fare per arrivarci, a quel percorso, per guadagnarti di poterlo fare giorno dopo giorno. Quando finalmente riesci a guardarti intorno e scopri le salite, l'asfalto dove si rompe, quello spiazzo che incrociavi solo la notte e che, invece, la mattina presto è pieno di vecchi rubicondi che spilano seggiole di plastica bianca per un bicchiere sotto il pergolato e salutarti quando passi, allora ti accorgi di quanto conti per te tutto questo, e di tutto quello che ci hai investito e puoi ancora dare. I 50 chilometri in bicicletta, Matisse mi capirebbe, non sono come i 50 km in macchina. Un metro quadrato di blu è molto più blu di un centimetro quadrato di blu: molto, molto più blu.)


E niente, ho provato tutti i metodi maturi e quasi-trentenni che conoscevo, yoga in montagna, discussioni sui vestiti delle amiche, sms agli amici dj, lamentarsi di lui con la sorella di lui, smettere di perdere chili, non-farmi-sentire-per-nessun-
motivo-al-mondo, pensare a quando tornerà e gli dirò con voce perfettamente calma e priva di incrinature che quello che voglio dire è che sia che tu mi parli, come fai a volte, sia che tu resti in silenzio, come fai il più delle volte, io cerco sempre di stare lì ad ascoltarti. Insomma, tutto, a parte smettere di bere vino per tornare ai superalcolici da supermercato, e poi invece leggo una cosa e vedo una foto e mi tocca riguardarmi una manciata delle peggiori puntate di grey's anatomy per consolarmi, per ricordare che - anche se in un tubo catodico, ci accontentiamo di poco noi - esistono altre persone al mondo oscure ed incasinate, e in fondo non dovrei sentirmi sconvolta solo perché un mio ex decide di mettere al mondo figli bellissimi con la sua fidanzata polacca, ha dei progetti ed io sono sempre il solito pantano.
Grazie a dio ho l'ironia, e tutte le prossime serate impegnate nel carnet, e riesco ad andarmene ancora per un po' in mezzo al traffico come una ballerina sulle punte.

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