amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

lunedì 16 agosto 2010

I wish I've still got hope


"That's it",
diceva Danny. Già il fatto di essere passata, un paio di post fa, dal mio storico lucernario a una veranda avrebbe dovuto insospettirmi sulla gravità della situazione: è come, non so, se la mia testa si fosse riempita di rughe a tradimento che mi stanno rubando la speranza.

Qualche mia amica più astuta di me ha capito l'andazzo in tempo e si è già messa il cuore in pace, scegliendosi una coinquilina simpatica o andando a studiare l'inglese a Miami, con il fidanzato gentile che rimane a casa a badare al cane e la madre impellicciata che borbotta fra i denti "Mi raccomando, se conosci qualcuno, se ti capita l'occasione."
That's it, diceva Danny. Moments with the people you love. That's all you get... moments.
Ho capito verso i dodici anni che non sarei mai stata una persona serena; allegra, ironica, spesso entusiasta, qualche volta assurdamente felice, ma serena mai. E non è che il senso di colpa del sopravvissuto che mi tampina dal 17 maggio 2006 sia un grosso incentivo a migliorare le cose.
Però siamo sinceri, crollo in modo spiritoso tutto sommato, quando mi accorgo di rotolare trovo qualche impegno, una battuta, un colpo di reni. In questi giorni ho guardato il mare, mi sono persa a Venezia, ho preso treni e ho preso nubifragi per le strade di Verona, ho appeso il mio desiderio all'albero dei desideri del Guggenheim, ho incontrato persone che mi facevano domande in tre lingue diverse (tra cui un inglese che, in un altro momento, avrei potuto seguire in capo al mondo) e ragazze che cedevano il posto a me e alla Salvietta e soprattutto ai nostri scenografici pancioni finti ad una mostra fotografica.

Poi mi è successo di dover aspettare per un'ora un treno senza libri, soltando con una confezione di pistacchi da sgranocchiare mentre mi guardavo intorno. E' passato questo ragazzo marocchino su una bicicletta sgangherata, e proprio davanti a me il manubrio si è staccato. La gente ridacchiava, mentre lui perdeva i pezzi, rischiava di cadere, li tirava su a fatica. Avrebbe potuto rubarla, una bici. Una bella bici. Girare con quella invece di trascinarsi un ammasso ferruginoso perché non aveva i soldi per comprarsene una decente, si vedeva che non li aveva. Avrebbe potuto scegliere la via più facile e più comoda senza che i benvestiti ridessero di lui. Invece no, stava lì a cercare di rimettere insieme i pezzi senza guardarsi intorno, e io pensavo che avrei dovuto aiutarlo ma che ne sapevo io, di come si metteva insieme una bici? Soprattutto, che ne sapevo io di come si fa a non mettersi a piangere sulla poltroncina scomoda di una sala d'attesa quando il mondo, be', quando il mondo fa schifo e ci sono sempre queste avarie che mi fanno arrabbiare e la persona che amo mi fa sentire come nessuno, nemmeno lui, ha il diritto di farmi sentire, e tre ragazzi carini lo scavalcano sghignazzando e cercando la mia complicità con smorfie da brianzoli abbronzati in spiaggia?
No, a dire il vero ora che ci penso io lo so come si fa a non piangere, ad alzarsi ed andare a chiedergli, pestando un piede ai brianzoli, se ha bisogno di una mano. Perché nessuno ha il diritto di farci sentire come una bicicletta rotta, proprio nessuno.

Il mio desiderio è questo: qualunque cosa succeda, spero di conservare ancora la speranza.


"And this, this is the big one, so you pay attention. Do you know what kind of miracle it is that Derek is who he is? Do you know how rare it is that someone like him even exists? He's still an optimist. He still believes in true love and magic and soul mates. He's waiting for you, and if you don't come back from this ... you will change who he is.
"

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