amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

domenica 29 agosto 2010

Incipit (2)

Prima di tutto noto la chitarra. La tiene così, senza custodia, in mano come farebbe con un vecchio amico per uscire.
Mentre sale i tre gradini del vagone passo ad osservargli le mani, da cui decido che è garbato e pulito nell'aspetto: forse l'ho agganciato nei ricordi a vecchi colleghi, è il mio solito vizio di restare incastrata in quello che è stato, come una specie di deleterio piano di vita.
Non che abbia sempre avuto un piano: però ho sempre avuto sogni. I sogni ti sfiancano, ti fanno anche del male perché ci mettono un secondo ad andare storti, costringendoti ad improvvisare. Comunque pare che non sia un granché come metodo per inquadrare le persone, infatti mi sorprende la sua cresta rossa e rancorosa sulla faccia ispida. Deve essersi appena alzato, nonostante sia già passato mezzogiorno. Tutto sommato, credo, è davvero gentile quel modo di tenerla, spostarla, abbracciarla senza invadenza perché in treno non scivoli via.
Stretta fra le dita la birra si sta facendo calda. Forse quando scenderò non avrò più tanta voglia di berla, ma ho pensato che potesse servirmi per affrontare il viaggio. Avrei preferito una bottiglia di vino, un Amarone eccezionale per brindare al nuovo corso, ma poi che avrebbero detto di una ragazza che frigna stringendo un Amarone?
“Biglietto”, irrompe il controllore nel vagone vuoto.
“Prosit,” avrei potuto rispondergli.

(Ricordi da Undergraduate)

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