amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

mercoledì 17 luglio 2013


Era il 17 giugno 2006, avevo comprato cheerios, broccoli e parmigiano e mi ero preparata per il treno delle dieci sentendomi nettamente più infelice degli altri.
Che mese confuso era stato, pieno di teste che si inclinavano da un lato nel salutarmi, di inviti e pacche sulle spalle che si intrufolavano nel mio sbalordimento, solo per guardarlo. Poi quel giorno - ho perfino fotografato la mia faccia, quel giorno, per non scordarla mai. Così, senza preavviso, mi sono dovuta guardare in faccia come non avevo mai fatto prima.
Era il 17 giugno 2006 e la mia amica, la mia sorella, la mia coscienza era morta da un mese; uno stupido incidente insieme a sua sorella (vera) me le aveva portate via entrambe nella canicola di un mezzogiorno siciliano di vacanza. Ci sentiamo quando torno, mi aveva detto. Ti porto una torta. Come funziona male questo telefono.
Mi sono guardata, tagliente attraverso lo specchio (proprio io che ho tutti i lineamenti rotondi) e ho pensato che non volevo starci, in quella storia ed in quel pezzo di carta che mi penzolavano addosso come un portachiavi omaggio. Mi sono guardata con la violenza di un foglio bianco ed ho ammesso a me stessa di essermi persa.

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