amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

mercoledì 28 luglio 2010

"L'ascensore che precipita nei sogni, è molto spesso simbolo di una caduta delle illusioni, di qualche speranza o qualche progetto naufragati, di aspettative o fantasie amorose deluse, di un brusco ritornare alla realtà dei fatti e alla concretezza del quotidiano."

Di ascensori, in queste notti, sono pieni i miei sogni.
La sera mi addormento subito, stanca morta da questa fatica quotidiana di esistere e di tirare avanti nonostante tutto; di ripetermi ad ogni secondo che è la cosa che voglio, che è giusto lottare in questo modo, che ce la faremo, e così appena vedo il letto precipito in questi sonni pieni di immagini, di sogni e di ascensori, da cui mi sveglio la mattina prestissimo senza più riuscire a riaddormentarmi. Ho perso cinque chili in due settimane. Ho ascoltato in loop My sweet Lord sperando che portasse la neve. Ho vomitato ogni volta, rigorosamente ogni volta, che ho riletto quella mail del 16 luglio.
Poi ho messo via George Harrison, Miles Davis e gli Echo & the Bunnymen e mi sono messa a ballare, ballare fino allo sfinimento le canzoni più kitsch di Rino Gaetano e i Duran Duran. Ho fatto indigestione di Audrey Hepburn - Sabrina, Colazione da Tiffany e chi più ne ha più ne metta, di House che anche un po' di cinismo oggi non guasta. Ho visto tutta quella gente tanto bella, ne ho evitata dell'altra. L'amico di Simone con la tesi sulla meteorologia nella letteratura, Dino e Lauretta e poi Laura e Luca a sorpresa. Ce l'ho fatta pure a sopravvivere alla sorpresa, e non credevo, anche se ad un certo punto ho dovuto allontanarmi per respirare. Ho sognato gangster nei completi gessati con le pistole, sono andata tutti i giorni in palestra per essere ancora molto, molto più stanca. Per non lasciarmi tempo.
Ho continuato a fare finta, con lui, che questa cosa non mi stia strappando il cuore, trinciandomelo a pezzetti. Ho cercato di essere allegra e leggera e paziente mentre tutto quello che sentivo era un triturarmi la carne e un dolore che toglie il fiato, ché ogni tanto mi tocca fermarmi, e nascondermi, perché nessuno mi veda mentre mi prende il panico, mentre gli aghi mi perforano lo stomaco e la testa, perché se lui non mi spiega, se non si volta, tutti questi miei tentativi mi stanno togliendo le forze e anche l'anima per nulla, e cosa succederà se alla fine ci salveremo ma avrò perso tutto? Cosa succederà quando ci avrò salvati e mi renderò conto di aver perso per strada me stessa?
Certe cose non si rimarginano. Un amico che sparisce in un momento come questo, non si rimargina. Tu che ti comporti in questo modo, si rimargina? Lo farà? Ho pensato tanto, tante cose. Che non capissi. Mi sembra l'ipotesi migliore perché, se capissi come dici, significherebbe che non hai più voglia di provare. Ti sto dando tutto quello che ho, e molto più di quello che pensavo di avere. Molto, molto di più. Non mi resta niente. Ho paura che, quando tornerai, se tornerai, di me non resterà abbastanza per continuare a stare insieme. Sto resistendo con quali altre forze? Perché lo stai facendo?
Inizio a chiedermi, sul serio, se potrò guardarti ancora negli occhi. Se riuscirò a fidarmi di nuovo.
Perché non so che altro fare per non perdere la speranza, e la speranza è l'unica cosa che ancora mi tiene in piedi. Nella realtà, sono un ascensore che precipita di sotto.

venerdì 23 luglio 2010

Vecchie glorie


Sarà che sono stanca come una pietra, ma mi sento come una di quelle vecchie glorie tornate alla ribalta per un giorno, che si commuovono molto e ringraziano tutti. Perché insomma, in momenti come questi ci rifletti sul serio, che gli amici si vedono nel momento del bisogno, e anche quelli che amici non sono ma sono persone buone lo stesso.
A partire da una delle cause della mia stanchezza, Postman che in questi giorni non mi ha mollata un attimo, personal trainer dell'animo che mi faceva fare tutti gli esercizi con lui, chiacchierava, veniva a Marostica con il suo amico Harry e ieri mi ha tenuta in palestra per tre, dico tre, ore. Rimanendo nell'ambiente, Braghy perché ha taciuto quando avrebbe potuto approfittare della situazione. E grazie invece a quelli che lì hanno parlato, anche troppo a volte, e a chi mi manda messaggi dalla puglia.

Grazie all'Uvetta, perché quando io smetto di guidare incomincia a farlo lei, e mi ha salvata in queste settimane da svariati incidenti mortali causa cervello in panne. Grazie a Freddie e Lauretta, e io so il perché e forse loro ancora non lo sanno. Grazie al Gas che parte in quarta, a Stefano che è felice ma c'è lo stesso, ai cuoricini della Chirli, al mio vestito da infermierina che posso mettere senza reggiseno quando fa caldo.
Alla pioggia. Ai burroni che, la settimana scorsa, non mi hanno voluta. Grazie a Dharma e Greg, che mi mostrano tutto quello che può ancora essere. A Fra e al mio gatto, perché continuando ad essere stronzo ha impedito che mi piangessi addosso. A Nicolino ed il suo stupore. A tutti quelli che non sto ringraziando ma che hanno un motivo per farsi ringraziare.
Grazie, tantissimo, a Simone e alla sua gentilezza e alla sua capacità magica di capire tutto da solo evitandomi la sofferenza di dover spiegare.

Dulcis in fundo,
all'insostituibile Salvietta, che ha fatto per quattro, di sicuro per due, tanto che non saprei che dire di preciso su quello che ha fatto visto che ha fatto tutto.
a me, per aver resistito a degli scossoni impensabili.

al Tomtom, che gli scossoni li crea ma è anche il motivo per cui ho imparato a resistere.

mercoledì 21 luglio 2010


Mi rendo conto di non scrivere chissà che ultimamente, ma prendere a calci tutto il tempo il mio carattere, i miei desideri ed il mio modo di vedere le cose per salvare quello a cui tengo di più, è un impegno che richiede una discreta quantità di energie.
Per questo ho fatto mia questa frase che lo era già, quando l'ho scritta, ma mai tanto, in tutta la mia vita, quanto adesso.

Laremi

L: N, ti vedo deperita.
N: Ma no dai, un po' mangio adesso.
L: Devi distrarti. Senti, perché non vieni con me in tandem?
N: In tandem?? [spalancando gli occhi per la sorpresa]
L: Non lo sapevi? Pensavo di avertelo raccontato.
N: Nuo!! Ma dai, che meraviglia! Certo che ci vengo!
L: E poi non ti preoccupare, sono esperto: ho già 400 lanci.
N: Ehm... lanci?
L: Sì, ogni domenica.
N: Ops. Quel tandem...

N, la donna che soffre di vertigini da dieci centimetri in su.

domenica 18 luglio 2010

Non-ritorno

Ebbene, il mio week-end?
Venerdì ero così disorientata che ho cercato di farmi stecchire da una macchina, prima di dedicarmi alla ricerca di un convento adatto a finire i miei giorni in pace, tra un antidolorifico e l'altro.
Sabato ho finto di non avere attacchi di panico con pressione a 1000, tachicardia, mancanza d'aria; ho studiato con interesse scientifico ogni dirupo cui mi avvicinavo (e trovandomi in montagna, mi avvicinavo a parecchi esemplari) con la convinzione che la mia vita fosse finita e tanto valeva darle una mano.
Domenica ho pianto tutte le mie lacrime fino a farmi venire gli occhi gonfi ed il respiro mozzato, sono uscita a correre sotto la pioggia e poi son tornata nuova - stanca da morire per i tre giorni senza mangiare e senza dormire, ma più forte di prima, più ottimista di prima, con una voglia di combattere che non mi farebbe paura nemmeno un puma.

Non sono mai stata, in vita mia, tanto convinta di fare la cosa giusta. Prima che io demorda mi si saranno consumati tutti i denti.

martedì 13 luglio 2010

E' finita.


Ci sono voluti 6 anni, 6 esaurimenti nervosi, più di 100 puntate e molto più di 100 morti per arrivare a capire che...
"Proviamo a riguardarlo tutto con gli episodi a random? Secondo me non cambia molto"
(figura materna dixit)

altro che Twin Peaks.

lunedì 12 luglio 2010

Dite quello che volete, questi mondiali li ho vinti io.
Innanzitutto, noi folpi. Le abbiamo imbroccate tutte, a partire dalla sottoscritta che il 14 giugno 2010 ha previsto una finale spagna-olanda con precisione millimetrica, al giovane collega Paul (che a dispetto dei furti teutonici viene dall'isola d'elba) e le sue previsioni inesperte, ma specifiche.
Secondariamente, noi interisti. Così imparate a canzonarci perché (si chiamerà Internazionale per qualcosa) abbiamo adepti provenienti da ogni dove (la coca cola la bevete, però).
Terzo, oggi sono di buonumore perché mi sembra di essere tornata ai vecchi tempi. quelli coi palestranti maniaci e sms compromettenti, per capirci. Pausa che mi fa le avances a proposito dell'idromassaggio è qualcosa che non sentivo più da un anno e mezzo! Poi braghy. Per la prima volta in due anni e mezzo mi ha mandato lui, di sua sponte, un sms. roba da cascare dalla sedia precipitando in un buco nero senza fondo. Non che non mi avesse mai scritto, anzi, è particolarmente generoso al riguardo, ma mai -mai- da quando lo conosco, aveva preso l'iniziativa (sms, saluti, chiacchiere), essendo lui l'uomo che non deve chiedere mai: attacca bottone la prima volta e poi ti abbandona ai suoi piedi per sempre, più o meno. Il fatto è che è tremendamente simpatico lo stesso alla mia seconda personalità, quella di uomo cinico con le tette. Ultimamente però avevo cercato di imparare dal maestro (facciamo pagare agli altri gli errori del Tomtom), senza cercarlo, senza scrivere, mettendo al laccio il mio carattere esuberante che ti travolge di sorrisi e di attenzioni, o meglio, liberandolo solo con chiunque altro. E fu il miracolo. Infine postman, che si ferma a chiacchierare per mezz'ora al parcheggio e scopro che anche lui, come me, ha il vizio di correggere la grammatica quando gli altri parlano. mio eroe!!!
Senza contare che ha concluso la sessione esplorativa con un "ma tu sei ancora giovane!" che ha scatenato tutta la mia imperitura gratitudine, prima di scoppiare a ridere per essersi reso conto che lui ha due anni meno di me. Ahi lasso!

giovedì 8 luglio 2010

Una cosa importante?

Ieri ero in palestra. Correvo, che è la cosa che mi riesce meglio quando sto così.
Una persona che conosco, a cui sono molto affezionata ma che è pur sempre "una persona che conosco", è venuta a parlarmi. Mi ha chiesto come mai non gli avessi detto niente dell'esame, che era una cosa importante, che anche se in questi giorni ci siamo visti meno ci teneva a saperlo!
Stavo per scoppiargli a piangere in faccia.

mercoledì 7 luglio 2010


Mi sono accorta che ogni anno, una volta l'anno, ti scrivo una lettera d'amore - in qualche modo.
Allora mettiamola così stavolta: ti racconterò il mio punto di vista anziché assassinarti con un furioso ciao, come stai?, io bene, mi sono laureata, ho avuto tre bambini e cominciato a lavorare per la Nasa mentre tu evitavi di farti sentire con la scusa dell'Africa.
Perché io sono così, complicata in maniera selvaggia, e schietta, e le cose che penso e sento me le porto addosso come una borsa rossa, un paio di scarpe, una coda di cavallo: ben visibili.
Ho questi grovigli da districare e se un po' di pratica, in 27 anni, con loro l'ho fatta, mi ha permesso di capire che per salvarmi devo buttarli fuori per forza; quando arrivano devo scriverli o spiegarli o cantarli o gridarli, altrimenti si ingigantiscono schiacciando tutto quello che trovano sul loro percorso, e se trovano qualcosa cui non tengo particolarmente posso anche stare zitta e lasciarli fare.
Ma se ci tengo, no. Devo comunicare con te (altrimenti a che serviamo?), devo dirtelo, quello che penso, e tu che non mi conoscevi prima e che, a volte, non mi conosci neanche adesso, non puoi aver visto quanto, in questi anni in cui sei arrivato, io sia cambiata. Per te - no, non per te,
con te, che anche quando stavi in un altro emisfero era tutta una vita insieme a te lo stesso.

Magari il fatto che io ora riesca a contare fino a tre prima di esplodere può voler dire poco a te, che non fai altro che contare, e dio sa se vorrei che qualche volta la smettessi e mi parlassi - ma a me che i numeri per trattenermi non li ho usati mai, arrivare fino a quel tre costa una fortuna. E non lo dico per propinarti la mia bravura: è per dirti che ci tengo. E' perché ci tengo che adesso sto contando fino a tremila, che è quasi un miracolo, e ti scrivo quello che sento per te anziché azzuffarmi e lanciarti oggetti pesanti per questo tuo atteggiamento quasi imperdonabile. Ho scritto quasi. Ma bisogna che ci sbrighiamo.
Perciò, per favore, non prenderla sul personale quando ti dico le cose che ho bisogno di dirti perché per me stare zitta è non-amore. Parlarti, al contrario, è un atto d'amore e, ora, un modo urgente per salvarci.
Non sparire in questo assurdo modo nel nulla, ogni volta con una scusa diversa come se in venti giorni non avessi potuto trovare nessuno stupido modo per mandarmi due righe se avessi voluto, perché sei la persona con cui voglio stare e non dico che non vivrei senza di te - perché ho imparato che siamo gli esseri più adattabili dell'universo, ma di sicuro dico che non vivrei bene senza di te. Non vivrei come voglio vivere e con chi voglio vivere, e non avrei più voglia di fare con qualcuno tutte quelle cose che ho voglia di fare con te: quelle che prima mi spaventavano perché non avevano vie di fuga e quelle che piacciono solo a me come raccontarti dei temporali che hanno isolato i telefoni, del ragazzo di mia cugina che presenta il suo libro in un'enoteca di Montegrotto, dell'ultimo tizio strampalato che ho incrociato per strada, e che tu accetti di buon grado; e poi quelle che ci piace fare insieme, come toglierci i vestiti nelle stanze sbagliate o scegliere un buon vino in una terrazza fresca con il pergolato.
Ho fatto l'esame, sai. Non mi hai neanche chiesto come sia andato - neanche una volta - questo è quasi peggio di te che smetti di farti sentire, telefonate interrotte e cellulari spenti e mail e sms senza risposta. Perché è stato uno dei momenti più pieni di significato della mia esistenza ed era a te, non ad altri, che volevo raccontarlo. A te che quella sera in pizzeria mi hai tarpato l'entusiasmo di raccontarti che lo stavo per fare, perché anticipandomi mi avevi detto che non credevi più che l'avrei fatto.
Però, sai, non posso rincorrerti all'infinito.

Adesso - non dopo, non quando ne avrai voglia, sono qui. Questa è la tua occasione per girarti e guardarmi e farmi capire, per fare in modo che tutto questo non sparisca.
Ce l'hai, ne farai buon uso?

lunedì 5 luglio 2010

Sul Duomo di Como



Un signore molto piccolo di Como,

una volta salì in cima al Duomo.

E quando fu in cima

era alto come prima

quel signore tanto piccolo di Como.


Quel gran genio di Rodari, poi ognuno si fa venire in mente quello che vuole.

sabato 3 luglio 2010


Non l’avevo mai visto tenere una lezione. L’avevo incrociato, il primo giono di università, molti anni fa – e quella scena mi era bastata.

Io avrei vissuto la mia carriera universitaria, lui la sua, possibilmente senza incrociarci e senza che questo rattristasse l’esistenza di uno dei due. In fondo era seccante, ora, dover sostenere un esame con lui, una cosa da mastercard… ma sedersi all’appello in mezzo a decine di imberbi e vedere Tomicio che entra da quella stessa porta, be’, non ha prezzo, e vale pure la pena di sorbirsi il prof.

Però, ecco, c’è una cosa che mi piace di me ed è questa capacità di superare, in caso, un’antipatia nata a pelle: se un giorno sbuca l’occasione, non mi rifiuto di cambiare idea; oppure, senza arrivare a tanto, di godermi il momento allontanando, finché dura, i preconcetti per riuscire a ricavarne tutto il buono che posso.

C’è anche un’altra cosa che mi capita spesso: a quei prof odiati e temuti e universalmente riconosciuti come Gran Ciambellani della Bastardaggine, io piaccio. Al momento dell’esame si finisce sempre per trovare un dialogo fluido e interessante e per nulla viziato dalle differenze di status, qualcosa che lascia entrambi evidentemente soddisfatti. Da ringraziare per aver potuto sostenere quell’esame, robe da matti.

Così è andata ieri. Proprio nel momento giusto sono arrivati questi 45 minuti di esame orale che più che un esame sono stati uno scambio (in cui sono riuscita a trascinarlo, sebbene si trattasse di traduzione, evoluzione e registri della lingua anglo-americana, in un’appassionante discussione sui Malavoglia, su scarsi narratori contemporanei che utilizzano l’inizio in medias res per coprire le loro carenze, e sulla Califfa di Bevilacqua).

È stato bello, anche, quando verso la fine dell’esame mi ha chiesto: Lei lavora? – e non per bistrattare ciò che evidentemente distraeva e rallentava il mio percorso, ma perché “aveva notato in me una maturità sicuramente sconosciuta alle colleghe presenti, ed una capacità, man mano che l’esame avanzava, di sovrapporgli un processo di autoanalisi ed autovalutazione molto più importante dell’esame stesso.”

“Perché avevo una buona preparazione di fondo, una cultura generale che mi permetteva di spaziare e collegare argomenti con indiscusse capacità logiche.”

“Perché non era stato un esame univoco ma uno scambio in cui lui portava qualcosa ed io portavo qualcos’altro, e tutto ciò valeva molto più di qualunque voto su un libretto”, e quando gli ho spiegato che sì, in effetti mi dispiaceva che lavorare allungasse così tanto i miei tempi, ma quello che era certo è che mi aveva dato una consapevolezza completamente nuova nell'affrontare anche gli studi, lui mi ha consigliato di leggere Allan Sillitoe.

E lo sto scrivendo qui non per bullarmi ma perché non vorrei, col tempo, rischiare di dimenticarmi di tutto questo.

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