amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

martedì 31 agosto 2010

Incipit (4)

"Che ci fai di nuovo in soffitta? Angelo, è di nuovo in soffitta!" si lagnava mia madre quando rileggevo Orgoglio e Pregiudizio, cosa che non mancavo di fare ogni estate, da quando a quattordici anni mi ci ero fortunosamente imbattuta nella libreria di famiglia.
Approfittavo delle giornate di pioggia, quando un ticchettare malinconico ed il fruscio di ogni pagina sfogliata erano gli unici rumori che mi raggiungevano, lì sotto il lucernario. Oppure aspettavo la sera, quando trattenendo il respiro mi accostavo alle porte delle camere in attesa che i discorsi s'incrinassero e i respiri diventassero regolari; il disco di Greshwin di mio padre sfumava da solo in sottofondo, senza che nessuno più se ne occupasse. Allora mi sentivo libera di piombare nella mia vita segreta con un tonfo.

(La Dormeuse)

lunedì 30 agosto 2010

Sono lezioni di vita per una come me, rimuginosa e inquieta e autoimpostasi di comprare quaderni a quadretti per avere almeno una cosa che va secondo gli schemi.
A partire dal gossip più sfrenato davanti ad un bicchiere (chi dice che è opzione femminile non ha capito nulla di dove sta rotolando il mondo), Vaniglia si è sposato, la moscovita aveva bisogno della cittadinanza e così si conoscono da, tre mesi?, ma si è sposato, Tizio ci prova con Caia e Sempronio forse è gay e spogliarellista fetish, e comunque Tizio è sposato e ci prova con Caia utilizzando il meraviglioso ragionamento: ormai tutti sparlano di noi poiché pensano che ci sia qualcosa, perciò penso che dovremmo raddrizzare la situazione combinando qualcosa - non troppo - veramente (devo dirlo: grazie al cielo riaprono la sauna e non rimarrò più indietro su queste cose!), e qualcuno mi sgrida perché da quando mi conosce i suoi trigliceridi gli stanno sfuggendo di mano, e una discussione cosmica col mariachi che mi fa imbufalire quando tenta l'assioma "laurea = intelligenza" che si interrompe ad ogni bel culo che passa.
Poi che si fa, torniamo a casa, vi porto in macchina che il mio bolide ha scelto il parcheggio di fianco al giaguaro nuovo fiammante, e dopo una serie di tristanzuoli "io preferirei una lamborghini ad un considerevole pisello" è bello ficcarli tutti nell'Uvetta, pigiati come scolaretti in gita nella mia macchina grande quanto una scatola da scarpe.
Così si arriva ad oggi, a quel magnifico incoraggiamento dalla Roccia che, avendo assistito alla mia quindicesima vasta cagata in sette giorni (digitando il mio nome in Google Earth si può comodamente vedermi ruzzolare verso il baratro, ed è pure divertente), è venuto a tastarmi la fronte per evidenti segni di squilibrio, sospirando un augurale "Spero che quell'uomo torni presto, perché sei completamente andata."
Soprattutto, però, mi è giunta dal giovin C questa succosa lezione di vita, quando mi raccatta al volo e sbotta:
"Ma tu, N, cos'è che vuoi? Hai un cervello sopraffino e una patata. Io di mano ho una coppia, tu tieni il full e stai lì a fare l'idealista?"

Touché.


Dopo le effigi n.1 (Novella appiccicaticcia),
le effigi n.2 (Sane abitudini)
e le effigi n.3 (Dell'insondabile mistero),
eccoci di nuovo in tutto il mio gommoso e pacato splendore.

Cliccare qui per vedere le foto.

Sono, come sempre, dotate di straordinaria tecnologia,

ingrandibili una volta aperte singolarmente

cliccando sulla lente in alto a destra.


domenica 29 agosto 2010

Incipit (3)

"Il villaggio di Aka cominciava dove finiva il resto del mondo. Be’, non è che le cose, lì, andassero diversamente che nel resto del Sudafrica: era solo un altro avamposto dell’Apartheid. Però la sera, ecco, la sera le file disordinate di strutture in mezzo al fango sembravano vivere di regole diverse: la polvere si colorava al sole diventato fuoco, e di nascosto aprivano silenziosi mercati in cui potevi comprare ogni cosa, anche quelle che non riuscivi ad immaginare.

Era tutto quieto. Delle 130 famiglie che lo popolavano, ne rimanevano solo 75; molti se n’erano andati per cercare lavoro. Alcuni erano morti. Questa era una cosa che dava il senso del tempo, in mezzo alla monotonia di giornate tutte uguali scandite solo dai divieti: il loro tempo non si contava a giorni, ma a disgrazie. “Quando hanno ucciso questo,” o “prima che bruciassero la casa del panettiere”.


(Il Consiglio per la Classificazione delle Razze)

Incipit (2)

Prima di tutto noto la chitarra. La tiene così, senza custodia, in mano come farebbe con un vecchio amico per uscire.
Mentre sale i tre gradini del vagone passo ad osservargli le mani, da cui decido che è garbato e pulito nell'aspetto: forse l'ho agganciato nei ricordi a vecchi colleghi, è il mio solito vizio di restare incastrata in quello che è stato, come una specie di deleterio piano di vita.
Non che abbia sempre avuto un piano: però ho sempre avuto sogni. I sogni ti sfiancano, ti fanno anche del male perché ci mettono un secondo ad andare storti, costringendoti ad improvvisare. Comunque pare che non sia un granché come metodo per inquadrare le persone, infatti mi sorprende la sua cresta rossa e rancorosa sulla faccia ispida. Deve essersi appena alzato, nonostante sia già passato mezzogiorno. Tutto sommato, credo, è davvero gentile quel modo di tenerla, spostarla, abbracciarla senza invadenza perché in treno non scivoli via.
Stretta fra le dita la birra si sta facendo calda. Forse quando scenderò non avrò più tanta voglia di berla, ma ho pensato che potesse servirmi per affrontare il viaggio. Avrei preferito una bottiglia di vino, un Amarone eccezionale per brindare al nuovo corso, ma poi che avrebbero detto di una ragazza che frigna stringendo un Amarone?
“Biglietto”, irrompe il controllore nel vagone vuoto.
“Prosit,” avrei potuto rispondergli.

(Ricordi da Undergraduate)

Incipit (1)

Il signor Camillo è molto premuroso da quando è morto: sta alla finestra tutte le mattine con il gatto Arturiano - non Arturo, l’ha chiamato proprio Arturiano perché suonava più nobile, come un imperatore. Perciò da quando è morto sta lì con Arturiano e mi saluta con la mano quando esco per andare al lavoro. Mio nonno era il suo migliore amico, anche se poi si accigliava spesso per la sua invadenza e anche per i peli di gatto, perché il signor Camillo è un po’ così, bonariamente cialtrone e comunque in realtà io mio nonno non l’ho mai conosciuto. Sarà per questo che, lui, non lo vedo mai.

(Nebbie)

Storie e incipit


Non posso nascondere che, in questi mesi, sono le storie ad avermi aiutata a tirare dritto. Oddio, dritto. E' un concetto forse un po' estraneo al mio modo di muovermi: diciamo piuttosto avanti, o comunque da qualche parte. Mi hanno aiutata a rimanere in piedi.
E adesso tutte queste storie fanno parte di me come le macchie d'inchiostro rimaste sulle dita, e quando un giorno tornerà le troverà insieme a me, tutte lì al mio fianco, ad aspettarlo. Sono loro che l'hanno reso possibile, perciò, se vorrà restare, dovrà accettare anche loro insieme a me.
Ecco perché comincerò a lasciarne alcune qui: per ogni storia, una traccia. Un indizio per ogni giorno che è passato.

sabato 28 agosto 2010

Lorena vestita di bianco


Abbiamo fatto insieme l'asilo, le scuole elementari e le medie. Io ti facevo arrivare sempre con cinque minuti di ritardo. Tu mi copiavi e ti prendevi gli occhiali uguali ai miei, e magari quella volta, eravamo così piccole, sarò stata anche crudele con te.
C'è quella foto in cui abbiamo 4, 5 anni e dei vestiti coloratissimi di frutti e fiori, ed è straordinario come, da allora, tutto sommato non siamo più cambiate in altezza.
Man mano che crescevamo ci siamo perse, trascinate verso amicizie che sceglievamo noi, e che non trovavamo già pronte per via di vicinanze di case, o di parenti. Eppure non so, è come se non ti avessi mai più vista con delle amiche da allora, forse per via della tua abituale timidezza, già a partire da quel nome che, rivelando le tue origini esotiche, stonava tanto con il cognome ed il tuo modo di guardarti intorno.

Faccio fatica ad immaginarti vestita di bianco, con i tacchi alti ed i capelli eleganti.
Eppure oggi ti sposi, sono così contenta, in quel percorso sano che i miei sognavano per me, un buon lavoro, una casa, un bravo ragazzo. Io che invece me ne sto per mezz'ora fuori dal tabaccaio come un'adolescente agitata, solo per convincermi ad entrare e comprare una edicard intercontinentale perché voglio sapere la verità, io voglio sempre sapere la verità, ma come mai prima ho una fifa incredibile di saperla, e allora chiamo il giovin C perché penso che se arriva qualcuno, be', sarò obbligata a comprarla, e poi il giovin C è in ritardo e allora io entro e la prendo lo stesso, ma piccola, perché mi sembra di espormi di meno. Vado in palestra e perdo di nuovo la scheda, lo giuro, e mi accorgo che non ho più forze per correre, perché le ho spese tutte in quella mezz'ora per tentare di convincermi, e anche ogni giorno, faccio fatica a studiare a parlare a lavorare, perché sto usando tutte le forze che ho solo per mantenermi ogni giorno in piedi.

Non scambierei la mia vita con la tua. Ma un brindisi ad entrambe, ovunque ci porti.

giovedì 26 agosto 2010

Davvero

Ok, e va bene, ho voluto fare la sborona. Poi è giunto il mio karma fiammeggiante dal cielo a colpirmi. Il fatto è che per quanto sia vero che solo nella mia stanza ci sono tre librerie, cinque mensole ed uno scaffale adibiti ai libri, e per quanto io possa effettivamente andare in palestra con i 49 racconti, prima o poi l'altra verità viene a galla. Di solito prima.

l'originale, sotto, con uno dei plagi, sopra

L'origine è stata, quest'inverno, lo smarrimento della mia felpa preferita, che ha portato allo straziante annuncio appeso in bacheca il quale, non solo non ha prodotto conseguenze utili, ma ne ha prodotte una simpatica serie di dannose: vogliamo parlare di coloro che si sono impunemente appropriati del mio copyright? (vedi sopra)

altre drammatiche conseguenze

O dei tentativi di abbordaggio dei vecchietti che mi hanno tormentata per i successivi tre mesi "scusanonperfarmiifattituoima-haimicatrovatolatuafelpa?" E perché no, delle persone non gradite che si sono impossessate del mio numero di cellulare. Infine, una menzione d'onore al giovin C che mi ha fatta dannare per settimane lasciando anonimi messaggi a pennarello sul mio addolorato annuncio finché non ho scoperto di chi si trattasse e, giustamente, reagito.

la reazione, altamente temibile e con identikit di somiglianze sbalorditive

Dopodiché, finito di monopolizzare la bacheca, ho perso il mio celeberrimo bignami. Si trattava, in effetti, della bottiglietta dell'acqua guarnita da un simpatico post-it in cui la scheda di lavoro quotidiana (seee) veniva ridotta ad una illogica serie di simboli sumeri che soltanto io riuscivo a decifrare, per allenarmi più comodamente. Questo, devo dire, ha provocato nei miei illustri colleghi un'ondata di dolore non indifferente poicHè gli erano molto più affezionati che alla felpa.

Infine, oggi, ho perso anche la scheda in carne ed ossa (papiro e inchiostro), quella originale che usavo ormai al posto del mio tenero bignami. Ed ecco perché la Roccia ha pensato bene di gratificare tutti gli avventori con un sonoro annuncio al microfono, che si è propagato in tutte le sale della palestra (ma proprio in tutte: ho tentato inutilmente di fare la finta tonta spostandomi per scoprire se qualcuno si fosse perso la comunicazione) per far ritornare a casa quantomeno l'ultima superstite.
Le conseguenze dannose, giunte come sempre in anticipo, sono state una frotta di domande intelligenti come "hai perso la scheda?", e "ma la tua testa, esattamente, su quale nuvola si trova", e già che c'erano "Oh, e hai più trovato la felpa?"

Beh, però la conseguenza utile è stata il ritrovamento della scheda. Tutta stropicciata e incastrata in un incredibile millimetro di spazio tra la parete e i pesi dell'abduttore per esterno cosce.
Naturalmente, dove io l'avevo dimenticata.

mercoledì 25 agosto 2010


Come promesso, eccomi in tutto il mio molteplice e allegro splendore.
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Sono perfino, notate la straordinaria tecnologia,
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Come promesso, eccomi in tutto il mio satanico ed impervio splendore.
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Sono perfino, notate la straordinaria tecnologia,
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Come promesso, eccomi in tutto il mio regale e munifico splendore.
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Sono perfino, notate la straordinaria tecnologia,
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Non so se sia così per tutti, di solito per me il dolore va e viene a ondate. Ci sono dei picchi tremendi, e so che se riesco a lasciarli passare senza fare niente di stupido, dopo un po’ si smorzeranno. Poi, appena sembra che vada meglio e mi azzardo perfino a ridere, ecco che torna, e mi colpisce con tutta la sua carica rovinosa di fatica ed incredulità. Sto lì a sentirlo che mi si aggrappa al respiro mentre mi domando come si faccia a vivere in un mondo in cui quella persona non c’è. Ed è una sensazione che non se ne va mai davvero.

Mi manchi. Mi manchi costantemente, a tratti molto di più, quando le giornate calde vanno verso settembre e c’è quell’ora più arancio delle altre in cui dovremmo trovarci, sederci a un tavolino all’aperto per chiacchierare davanti a un aperitivo e attaccare bottone con il vecchio dietro al banco. Mi manchi quando devo decidere cosa fare, la sera, dove andare a mangiare. Mi manchi ogni volta che mi volto, che ricordo, che ascolto una frase. Lo sai che non ti ho mai visto mentre ti facevi la barba?


Però, ecco, c’è il fatto che mi hanno chiesto se ho le tette finte, perché sono striminzita quindi si notano, e beh, loro non è che siano chissà che, però son belle tonde, sode, e come i migliori sagittari puntano verso l’alto. E oltre a queste tette rock io sono di compagnia, ironica, golosa, creativa, stonata, e leggo happyblog, Kafka e Brecht. Amo scherzare, sto bene da sola, rovescio le cose, invento storie bellissime, cammino tanto, imparo in fretta e rispondo nelle discussioni anche se l’argomento non è velocemente consultabile nelle didascalie di wikipedia.

E allora sai una cosa? Prego, fidanzato mr. Hyde, accomodati pure al diavolo!

lunedì 23 agosto 2010


Wabi-sabi, cioè trovare la bellezza dove, in fondo, sembrava non ci fosse. E' un termine difficile da tradurre, di solito si finisce per afferrarlo per osmosi frequentando la cultura giapponese. Wabi-sabi non si espone, non si ostenta, non fa chiasso - e cambia, perciò è imperfetta.
Wabi-sabi, credo, ti sorprende. Lo fa nelle cose da nulla, quando credevi non ci fosse più niente di bello da trovare.
Nelle serate in cui Fra ed io, arrivati in anticipo ad un appuntamento, per guadagnare dieci minuti ci rintaniamo in un'antica osteria con giardinetto dove la signora si scusa per aver messo la biancheria della nipotina ad asciugare, e perdiamo mezz'ora a chiacchierare di vecchi tempi e cercare di finire quelle due mastelle di prosecco che ci ha portato nel frattempo, coi bicchieri umidi per tenerli al fresco.
Nelle serate in cui Andrea è in forma e in quelle in cui è un po' senza voce, dopo tre concerti di fila, ché lui non è certo uno che si risparmia (come se con certe canzoni ci si potesse risparmiare). L'incursione blues si disperde dal palco lontano da concerto rock che invece ospita un acustico, poi tlack, si rompe una corda, il tempo si spezza, ci infiliamo una pausa chiacchiere.
Nelle serate in cui vedi la casa in cui ti piacerebbe abitare, e ti accorgi che ci vive già un gatto che ti aspetta.
Nelle serate che iniziano in due con un'altalena e quattro castronerie suggerite dal vino e finiscono in cinque a discutere davanti ad una pizza Siberia e Mandrillo di religioni, musica jazz degli anni '40 e spiritualità.
Nelle serate in cui presti un libro, ne tieni un altro, insisti per lasciare le olive.
Nelle serate in cui incontri vecchie conoscenze e conoscenze vecchie, e poi ne fai di nuove, e scopri che nel mondo ci sono ancora persone sconosciute ed accattivanti, ed è bello che prima non vi foste incontrati e poche ore dopo, quando parli, li scopri che smettono di seguire il resto per guardarti, perché pensano che tu abbia qualcosa da dire che hanno voglia di stare ad ascoltare.

Questi sono i miei wabi-sabi per oggi, per i giorni appena trascorsi. I buoni propositi dicono di continuare a cercare.

domenica 22 agosto 2010


Il fatto è che la Juanita ha tentato di googlarmi per farsi un'idea della mia faccia, e così è finita che anch'io mi sono googlata - di tanto in tanto fa bene un sunto impietoso della propria vita pubblica - scovando la simpatica sintesi di cui sopra (che unita alla strabordante quantità di linguette aperte in firefox può dare un'idea imprecisa ma fedele del funzionamento delle mie sinapsi). In uno dei link ho perfino ritrovato il simpatico episodio in cui io, con tutta l'innocenza dei miei beati vent'anni, stavo scherzosamente rimproverando il mio ex ragazzo di voler dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, enunciando convinta e vittoriosa che "io sono il cerchio, e lei (la madre, ovviamente lì presente) è LA BOTTE!!" Noblesse oblige.
Il dramma, ahimé, giunge con le foto: perché, innanzitutto, ci sono effettivamente delle mie foto? In base a cosa quella in bianco e nero e quelle vestita di rosso compaiono come esemplificative della mia persona, e non altre? In base a cosa digitando il mio nomecognome compaiono due magiche torte preparate in mio onore dalla salvietta? Soprattutto, per quale distorto collegamento con l'antimateria la sesta raffigurazione della mia persona, secondo google, sarebbe la faccia baffuta del mio ex datore di lavoro?

Tutto ciò mi risucchia per svariati istanti nel magico mondo di google. Con affettuoso divertimento scopro foto delle numerose esperienze teatrali di una mia cara amica. Con divertimento molto più barbaro e meschino scopro che non esistono foto delle presunte esperienze teatrali dello Stalker.
In ogni caso Juanita, hai ragione, a volte serve avere una faccia a cui rispondere ed è per questo motivo che recupererò la lacuna con i prossimi post; è già mentalmente pronto lo smistamento delle mie effigi nelle seguenti scientifiche categorie:
- post 1: Novella appicicaticcia
- post 2: Novella e le sane abitudini
- post 3: Dell'insondabile mistero per il quale a 27,28 anni continui a dimostrarne 12

- post 4: Novella non rovescia mai nulla

- post 5: Novella ed i suoi amori
- post 6: Novella e la vita spericolata
- post 7: Novella e le borse discrete

- post 8: Novella e la spregiudicata passione per i pancioni (finti)
- post 9: Weltanschaaung: il mondo come gatti, acqua, gnomi, foto, inchiostro
- post 10: Novella e le sue espressioni migliori

Ma tutto ciò è un divagare, poiché il post nasce innanzitutto da una richiesta di racconti di sauna: ebbene,
vedrò di impegnarmi a selezionarne qualcuno, prossimamente.
Il fatto è che io in sauna ci vado veramente. Amo i novantadue gradi il venti dicembre in una maniera cui solo una nebbiosa abitante della pignatta padana può anelare.
L'altro fatto è che sono cresciuta gioiosamente circondata da maschi più che da femmine, a partire da Teo che era il mio inseparabile amico di fango, passando per la Filarmonica quando mi arrampicavo sui tetti pericolanti di un vecchio teatro facendo passare un violoncello dal finestrino del bagno, piombando poi a rotta di collo all'università dove i quindici ignobili maschi che frequentavano lingue in mezzo ad una mandria di pulzelle erano tutti in compagnia mia e l'appellativo più generoso era Scodella, e sfracellandomi infine in una palestra in cui per ogni miserabile ragazza sono presenti circa sedici stalloni da esposizione (a loro ineguagliabile parere). Un dramma attraverso il quale si sopravvive solo diventando interisti e temprando la propria autostima di sana ironia.

Ecco perché penso sopravviverò al mio salutista gruppo-sauna, nel quale ho risolutamente introdotto il momento-prosecco almeno una volta al mese (bollicine, novanta gradi, bollicine, novanta gradi, doccia, bollicine, novanta gradi, bollicine, doccia), al mariachi che ora che la sauna è chiusa mi stressa una settimana perché io organizzi un aperitivo, io cambio i miei progetti per organizzarlo e quando ho fatto mi scrive: oh sai, penso che non verrò. devo uscire con una ragazza dell'est.

Al giovin C che mi invita fuori un'oretta dopo il lavoro e mi dice, sai ormai sparlano di noi perché ci vedono chiacchierare insieme. Credo seriamente che dovremmo dare loro almeno un motivo per cui sparlare. Oggi. Fra quaranta minuti. Ci stai?

Persino a Raven che mi dichiara i suoi sentimenti durante uno spettacolo di Checco Zalone che pensa bene di appropriarsi del suo cellulare per utilizzare come parte integrante dello spettacolo gli sms che mi aveva mandato, e perché no, il mio nome, e mi manda tanto a salutare.
Ed ecco perché potrei sopravvivere, forse, chi lo sa, in futuro, perfino al Tomtom.

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