amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

giovedì 28 febbraio 2013


Faccio parte di quel gruppo che, ahinoi, "mi arrabbio velocemente, ma se sopravvivi a quei dodici secondi altrettanto velocemente torno al sorriso". I musi, quelli per dimostrare che sei arrabbiata, oppure offesa, trovo non valgano un granché. Che le sventure capitano lo stesso, e se c'è una cosa peggiore della cistite è la cistite nei giorni di pioggia.

(Ebbene sì, proprio un bel week end, anche senza contare la figura fraterna in ospedale in preda ad un'altra colica renale. O Silvio, Reo Silvio, Perennemente Silvio.)

Il fatto è che a volte  non di musi si tratta, non di trascinare situazioni o di fare il primo passo dopo un litigio. A volte va più in profondità, perché hai messo in discussione quello che c'era, quello che credevi ci fosse, quanto l'altra persona tenesse a te e al vostro rapporto. E fa un male cane se capita con l'amica che era stata Amica fin dal primo momento, che ha attraversato con te una miriade di altre sventure ed avarie e poi, ad un certo punto, ha smesso di aver bisogno del vostro rapporto facendosi bastare relazioni più nuove e superficiali.
Perciò a quel punto ti arriva in gola il Dai cazzo, ti sei comportata così, hai avuto questi mesi strani, adesso tocca a te, no? fammi capire che mi sbaglio, che non era vero.
E invece non succede nulla.

mercoledì 20 febbraio 2013


L'ultima volta che sei venuta a casa mia hai promesso una torta di mele alla figura paterna, e quando maggio arriva lui ancora se ne ricorda. 
La volta dopo a casa tua non c'eri già più. C'era una lettera con il mio nome, e chissà da quanto mi aspettava, quando pensavi di darmela; ero così sbigottita che prima di prenderla ho chiesto il permesso. 

E' che le cose finiscono.

Aspettare qualcuno che è in ritardo entrando in una cabina telefonica, con i gettoni che non erano mai abbastanza; ci saranno già bambini che guardando Doctor Who chiedono "cos'è quella"?
Lavarsi i capelli nel lavandino, da quando li fanno tutti in formato ikea. Mettere le ciliegie come orecchini. Quei pomeriggi d'estate che parevano senza limiti, con una bici e nessun corso d'inglese, nessuna playstation ad interrompere la sensazione di essere diventati grandi, nel silenzio canicolare delle due del pomeriggio, da quando non bisognava più dormire dopo pranzo. Sfogliare il catalogo di Postalmarket desiderando segretamente quei vestiti per adulti.
Il profumo degli adesivi, perché non è lo stesso senza il profumo, e un kindle non diventa un vecchio volume se ci aggiungi una candela all'aroma di carta come al pollo confezionato su cui sparpagliano le spezie.

In questi sei anni, quasi sette, sono invecchiata di nostalgia, ma la verità è che a 30anni ancora la figura materna mi porta la prima violetta che sboccia in giardino come quando ne avevo 3, e la tua lettera confessava che non importava quante persone avremmo incontrato, non importava neanche che per un po' ci fossimo allontanate: l'amicizia che avevi trovato in me non si poteva paragonare a nessun'altra. La verità, Marta, è che non tutto finisce. Ci si innamora, ci si convince che sarà per sempre. Si trova qualcuno, e il sempre rimane davvero. Non ho più cercato qualcuno a cui voler bene come a te. Trovo ancora, ogni giorno, ogni santissimo giorno in tutti questi anni, qualcosa da dirti, da chiederti, da raccontarti un attimo prima di rendermi conto che non posso. Ma come allora, sei la mia sorella con cui ridere e di cui ridere un po'. Perdonami, dai, e buon compleanno.

venerdì 15 febbraio 2013


Un signore molto piccolo di Como
una volta salì in cima al Duomo.
E quando fu in cima
era alto come prima
quel signore tanto piccolo di Como.
G. Rodari

La teoria del penultimo palloncino è quella per cui, se sei sul Ponte Vecchio di Bassano e devi rubare un palloncino, è meglio sì andare in fondo, ma senza scegliere l'ultimo, che è il più sospetto; al penultimo, invece, non bada mai nessuno. Che è un po' come dire che quando vai nei bagni pubblici è preferibile evitare la prima porta, quella a cui si fermano tutti. Guarda un po' più avanti, fai un passo in più.
E' lo stesso motivo per cui ci servirebbe un Obama, qui in Italia, ci servirebbe un Gramsci, un Berlinguer, e non omuncoli che approfittano della pancia e dei portafogli vuoti facendoci diventare piccoli come loro quando decidiamo di votarli per cinquecento euro di imu lasciando che l'educazione vada a rotoli. Qualcuno che ci insegni a guardare più avanti, a non fermarci alla prima porta del bagno. Questa riforma sarà scomoda, lo so, ma diamine, non lo vedete dove saremo fra dieci anni? Ve lo dico io, che sono qui apposta per guidarvi alla prossima porta e farvi diventare una nazione migliore di quella che eravate prima di me, e non solo per darvi il contentino e insegnarvi a votare in base al vostro stretto orticello. Questo, ci vorrebbe.
Ci vorrebbero tante altre serate a chiacchierare di Gaber con la figura materna, continuando senza accorgersi che sono già le nove e dovete ancora cenare. Bisognerebbe circondarsi di cose belle e persone con cui parlare fino al mattino, invece di incagliarsi alla prima porta, al palloncino sbagliato; alle piccolezze dei mutui che non arrivano, dei vicini sgradevoli, di C. e la sua teatralità da attention whore (e anche solo whore, che la scusa di restituirgli una chiavetta per andare a casa sua non è né intelligente né originale, e nemmeno rimanergli incollata tramite i nostri amici o fare la vittima con me, che non ho portato via niente a nessuno, visto che quando ci siamo messi insieme era già ben oltre lei e la loro storia).
Ma fra omuncoli e donnine si infila un S. Valentino di sorprese, perché io S. Valentino non l'ho festeggiato mai (a parte quella volta in cui è morto Pantani, e si capisce insomma che non c'è feeling) e per noi, vabbé, è S. Valentino ogni benedetto giorno, però ieri c'era quel concerto a cui volevo andare in quel posto che volevo proprio provare, la Romantica Osteria La Colombara, e siccome non si poteva, perché c'è sempre di mezzo qualche prova, qualche figura materna o qualche concerto a rabbuiarci e farci discutere, quando gli ho scritto "Esci prima da lavoro e facciamo l'amore appena ci vediamo?", come in un film lui è scappato davvero piombando a casa mia, e ci siamo travolti lì, in piedi, contro la parete, fuggendo poi sul ponte di Bassano per un aperitivo di S.Valentino, che se non è una cena è tempo nostro, bello, raggiante, e con un ponte pieno di palloncini rossi da rubare.

giovedì 14 febbraio 2013

Busby Berkeley Dreams


Come si fa a vivere insieme per 45 anni senza ammazzarsi? O meglio, come si fa a vivere insieme per 45 anni senza riuscire ad ammazzarsi - ché l'altra mi pare impervia, come spiegava quel pedagogo che "quando lavorate coi bambini, se non volete strozzarli una volta al giorno state mentendo a voi stessi."
In tempi di intolleranza per tutto ciò che non conosciamo, che ci sembra differente ("io i marocchini non li sopporto, ma quello che lavora con me è una brava persona"), riuscire a tenere qualcuno vicino e non soffocare quando senti che inizia a somigliarti mi sembra l'impresa eccezionale che cercava Lucio Dalla. "Devo farti una confessione", cominciò Ivàn, "non sono mai riuscito a capire come si possa amare il prossimo. E' proprio il prossimo che, secondo me, non si può amare, mentre chi è lontano forse sì. [...] Per amare un uomo bisogna che egli rimanga nascosto; non appena mostra il suo volto, l'amore vien meno."
F . Dostoevskij - I fratelli Karamazov
E io che mi bullo di essere più tollerante di altri, io che come Ivàn amo le persone ma reggo male due ore nella stessa stanza, quante volte avrò ferito qualcuno per impazienza? Se ami qualcuno non dovresti accettarlo tutto, tutto intero, anche quando sbaglia o ti ferisce? Fino a dove è giusto arrivare, perché i compromessi non inquinino il rispetto? Come si fa a non lasciarsi dopo dieci anni per un dentifricio senza tappo o una risposta sgarbata?
Alla mia mente da sempre vecchia fa da bilancia l'emotività di me bambina di cinque anni, per la quale, negli altri, un litigio furioso non ferisce quanto un dubbio. Mi aspetto che chi mi ama mi ami sempre, no matter what, come un genitore; o almeno come i miei genitori, ché l'amore non ci è mai mancato, e nemmeno il divertimento, qui al n.15 dove ce la godiamo come gli sciocchi, e pazienza se la zia ha 5 case invece, a ognuno il suo inferno personale. Sono diventata grande con la consapevolezza di avere qualcosa di importante da dire. "Spiegami", mi dicevano quando avevo qualcosa. Non "è solo una bambina". Ho avuto il tempo di guardarmi intorno e guardarmi dentro, e di giocare, tanto, ed altrettanto di farmi domande.
Fino a dove l'impegno deve superare la spontaneità? Mordersi la lingua deve superare salvarsi il fegato? Forse potremmo scriverlo sui muri. "SONO INCAZZATA", dovremmo scrivere, o "BRUTTO STRONZO", anche se non sono certa che trovarsi la porta del bagno imbrattata alle sette del mattino sia meno aggressivo di due urla. Magari un posto più piccolo, con una lavagnetta. Lo sgabuzzino dei litigi, dove si baruffa a volontà ma si esce con le cose sistemate. Ecco, sì, obbligarsi a sistemarle, le cose, che non si va a letto arrabbiati. Ma non è per niente semplice distinguere l'antiquariato dai rottami, e poi ti cambia tutto sotto il naso così velocemente che appena hai scoperto il segreto, quello ti cambia di nuovo, e allora forse l'unico segreto è la flessibilità, e le rocce non hanno mai fatto bene a nessuno (ybris, la chiamavamo al liceo) ma soprattutto il buon senso di non comprarsi un bellissimo gilet, quando ti fa sembrare un gelataio, è roba per pochi.
Bisogna scoprire fino a dove arrivano i principi e dove iniziano le zavorre. Con pazienza (ahi), con onestà; senza livore o invidia e senza mentire, ché mentire agli altri, forse, è perdonabile, ma con se stessi no - magari dirselo piano, ecco, questo sì, provando a non affilare le unghie il giorno prima; provare a non essere sempre severa con me e con chi vuole stare con me. Ridere, che son cresciuta così, gioiosa e spettinata, in questa famiglia onesta e piena di bene, e se ieri ho detto alla figura paterna "Guarda che se mi muori dal ridere te lo scrivo sulla lapide" la verità è che sulla lapide io gli vorrei scrivere che "Un uomo onesto rimane sempre un bambino", come diceva Socrate, e magari sembrerà un pensiero strano, stare qui a immaginare la lapide, ma crescere con genitori più vecchi ti dà una prospettiva che spesso gli altri non capiscono, e si finisce molto più spesso nei Busby Berkeley Dreams, direbbe Stephin Merritt. L'importante, dai, è resistere 45 anni. Ci proviamo no?

martedì 12 febbraio 2013

All I want is you

All I want is you, will you be my bride
Take me by the hand and stand by my side
All I want is you, will you stay with me?
Hold me in your arms  and sway me like the sea.



"Come avete festeggiato i primi 6 mesi?"
"Andando a sbattere contro la sua ex, più o meno."

Trattasi di capolavoro in effetti, decidere di fare quella passeggiata serale e, intravisto Matteo dalla vetrina di un bar del centro, spiare per vedere con chi sia per andarlo a salutare - "Vedo lui" dice il Carota, "vedo il Betus e poi non so, c'è un tizio con i pantaloni gialli. Entriamo?" - ed entrare, tutti allegri, tutti gioiosi per i due centesimi di secondo che ci separano dal trovarci davanti la sua ex, con dei pantaloni verdi (NB in caso di figli daltonici), che ci saluta con la voce e ci infilza con gli occhi. Allora scappare via, correre fuori come due monelli e ridere, ridere quasi ancora sulla porta.
Al risveglio sciacquarsi la faccia per sciacquare via anche gli incubi notturni, e quella sensazione gelida di déja-vu, ché me lo ricordo, l'accampare scuse notte dopo notte per rimandare il momento in cui il terrore mi avrebbe assalita appena prima di appoggiare la testa sul cuscino, perché gli incubi sarebbero arrivati puntuali. Eppure adesso è diverso, è tutto diverso, e più che un incubo era un sogno triste, scatenato dall'incontro, forse, o dai miei stessi pensieri.
Il fatto è che io sono fondamentalmente allegra, tenere sollevate le sorti fa parte di me, del mio essere, ho solo bisogno di potermi ricaricare con momenti di solitudine sparsi in cambio - pena il soffocamento. Ma essere allegri è così diverso dall'essere felici, poi per una come me, sempre alla ricerca, sempre pronta a spostarsi mentalmente da qualche altra parte. Sempre, soprattutto, alle prese con quel complesso del sopravvissuto che mi punisce quando mi sento felice. Ed è pericoloso, anche, essere felici, mostrarlo come se agli altri facesse piacere, e invece io stavolta l'ho portato all'occhiello, incredula certo, perché alla fine tutti questi pensieri e questi sogni con che cosa hanno a che fare, se non con l'incredulità di essere felici?
E allora ecco che la ragazza bionda si struscia sul Carota con me lì a fianco, gli chiede di dedicarle quella canzone con me lì a fianco, All I want is you vuole, e lui quando comincia a cantare è imbarazzato, si vede, chi lo sa perché guarda in basso, penso, ma poi comincia a dire che quella canzone è per una persona sola, perché le canzoni si dedicano a una persona sola, cazzo. Lo dice piano, senza guardarmi. Non con gli occhi, che vedono tizi coi pantaloni gialli lì dove c'è la sua ex vestita di verde. Mi guarda col cuore, per sdolcinato che sia, perché il Carota ha un cuore così grande da essere incredibile ed è questo - è questo suo modo grande di volermi bene a farmi sentire felice, che non credevo fosse possibile voler bene così, guardando avanti, senza scappare. A farmi venir voglia di vedere tutti felici, e così quella festa di compleanno a sorpresa, che non è una festa ma una cena, intima, per pochi, e non è di compleanno ma di non compleanno, perché lei i compleanni non è abituata a festeggiarli, spero proprio di poterla fare, ché la torta di cartone è lì che la aspetta.

(scritto, in realtà, giovedì 7 febbraio 2013)

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