amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

lunedì 21 gennaio 2013

Il pelo




G: No, io no. Io sono un uomo felice. Beh, forse la felicità non esiste, diciamo che sono un uomo sereno. Mi basta veramente così poco. Pensate, io non ho niente! 

A: Io non ho niente. 
B: Io non ho niente. 
C: Io ho un pelo! 
G: Eh già, lui ha un pelo. Chissà poi cosa se ne fa di un pelo. Lui ha un pelo, e io non ho niente... 
Però bisogna ammettere che un pelo... è un pelo. E c'è chi ce l'ha, e c'è chi non ce l'ha... io per esempio non ce l'ho... che a pensarci bene un pelo mi sarebbe anche utile! Eh sì, oggi come oggi uno che non ha un pelo... Bisogna che me lo procuri. 
Sì, io devo avere un pelo! 
Uhaaaa!!! 
Io ho un pelo! 

A: Io ho un pelo. 
B: Io ho un pelo. 
C: Io ho dieci peli! 
G: Beato lui che ha dieci peli! No per carità, io non mi lamento, io il mio pelo ce l'ho... 
Certo che uno che ha dieci peli è già in un'altra posizione. Uno con dieci peli ha praticamente risolto... dieci peli sono già una peluria, eh! Bisogna che me li procuri. 
Sì, io devo avere dieci peli! 
Uhaaaa!!! Dieci. 
Io ho dieci peli! 

A: Io ho dieci peli. 
B: Io ho dieci peli. 
C: Io ho cento peli! 
G: Maledizione! Lui ha cento peli, cento, e io sono stanco, distrutto, non ce la faccio più, ma resta il fatto che lui ha cento peli e io ne ho dieci, e dieci peli oggi cosa sono... non sono più niente, sono una miseria. 

A, B, C: Noi abbiamo cento peli. Noi abbiamo mille peli. Noi abbiamo centomila peli. Noi abbiamo un milione di peli. 
G: Devo farcela, devo reagire, anch'io devo avere tanti peli, per me, per i miei figli. Anch'io avrò tanti peli... 
Anch'io... 
Sì, sì...


martedì 15 gennaio 2013


"Un personaggio, signore, può sempre chiedere ad un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre 'qualcuno'. Mentre un uomo - non dico lei, adesso - un uomo così in genere, può non essere nessuno."
L. Pirandello - Sei personaggi in cerca d'autore

Quando il Grande Fratello, la trasmissione, uscì nella sua prima edizione, ricordo di essermi esaltata: l'idea di "costringere" delle persone ad interagire senza gli schermi protettivi di scelte, professioni, cellulari e bugie sociali varie mi affascinava da sempre, pur senza aver letto Pinter, e da sempre mi faceva fantasticare su cosa avrei potuto conoscere in più di me stessa, o degli altri, da un'immersione in una situazione così estrema. Spesso, però, è sufficiente molto meno per grattare la superficie più che in una lunga conversazione; riunirle in un'unica stanza o ad uno stesso tavolo per un pranzo di compleanno.
La mancanza di umorismo è la prima cosa che salta agli occhi. Alle barzellettuole si ride di gusto, certo, ma sarà il cielo smorto come un blocco di ghisa, sarà che ironia e autoironia sono uscite a fare shopping con una chimera e una fenice, ma sono sufficienti una persona poco gradita o uno scherzo molto più che innocente perché si smetta di stare al gioco. Perché malumori, capricci, insicurezze e gelosie prendano il sopravvento sulla cordialità e sul buonsenso e, pur non creando drammi, non si preoccupino di mettere in imbarazzo i vicini.
La realtà è che siamo tutti campioni di comicità, meno di umorismo che, come diceva Pirandello, ha bisogno di coscienza, comprensione, compassione; della stessa signora tinta come una buffona è facile sghignazzare appena la si vede - comprendere che, forse, non le piace uscire imbellettata come una sciantosa fuori età ma ne ha bisogno da quando il marito più giovane non la guarda come guarda la cameriera, ecco, questo è un altro paio di maniche. Ognuno, nel mucchio di maschere che scoviamo negli angoli, sceglie quella che lo ripara meglio, e l'umorismo arriva lì dove duole, smascherando le illusioni della forma e del cattivo gusto e, mentre lo fa, ride e piange insieme.
Ammetto di aver sempre avuto molta paura del cattivo gusto; non quello della signora conciata come un Pierrot, ma di chi - rivolto verso lo specchio, insensibile agli altri - ha una reazione soltanto, senza notare la differenza.

giovedì 10 gennaio 2013


E' ora di cambiare di nuovo il calendario, appaiarli sul tavolo e ricopiare in ordine compleanni, cifre e scadenze. Sostituire la vita passata con le caselle future ancora bianche, intonse. Alcune si aggiungeranno, altre verranno cancellate per strada.
Nelle feste di fine anno mi è mancato un po' di quell'ozio pigro e costruttivo, leggere libri natalizi alla Dickens o Narnia, giocare a Non t'arrabbiare incavolandosi a morte con chi ti sbatte fuori le pedine, qualche film vecchio alla tv. Di quei Natali in cui sgranocchiavi allegria per pomeriggi interi, tu e Olivia venivate chiamate il gatto e la volpe e l'età giustificava lo spiare i regali la notte del 24. Soprattutto le storie, di quelle che ti veniva l'acquolina in bocca a pensare ai filò dei nonni, tutti seduti intorno al fuoco a rammendare e a raccontare storie a voce alta. Novella mi chiamo, è inutile contestarmi il mio bisogno eterno di storie, di mondi e di racconti. Non è solo il gioco, non è solo la fantasia: chi diceva che un buon libro ti spiega quello che hai già dentro? Quello che sei, quello che vuoi e soprattutto quello che non vuoi, penso che nient'altro al mondo come il guardarti dentro fra le pagine di un libro possa mostrartelo. E poi partire davvero, senza tv, senza playstation e giornali di moda che ti ingabbiano alle loro immagini prestampate e a schemi fissi di cause e conseguenze. Che noia che barba, questa gente che evolve poco, che immagina poco. Ho sempre dovuto combattere contro il "se tutti fanno così, anche tu dovresti farlo". I "lo fai apposta per sembrare diversa" mi hanno anche portata a mettermi in discussione, più volte. E se avessero avuto ragione? 
Però Natale no, a Natale si tira fuori Narnia, raggomitolati come i gatti, come quando la speranza era ancora intatta e pensavi che tu ed Olivia sareste state amiche per sempre.

Ne è passata di acqua sotto i ponti. Teo, da bravo amico di fango, ad un certo punto mi avrà spiattellato la verità su Babbo Natale, Olivia ed io abbiamo litigato una prima volta alle elementari, perdendoci per anni e ritrovandoci alle superiori; dopodiché abbiamo litigato di nuovo, e un altro silenzio, mai spezzato e anzi tristemente rafforzato dai lutti, si è trascinato fino ad ora.
Però, diverse come siamo, lei altissima, mora e secca secca, io bionda e piccolina, mi ha fatto veramente ridere rischiare di trovarci al veglione con lo stesso vestito. E se fosse stata una persona diversa mi sarebbe piaciuto andare a riderne con lei mentre si brinda alla mezzanotte, perché come fai, se non ridi delle cose? Di tutte, perché L. che finalmente esce con una ragazza dopo anni di crisi per la fine della storia con la sua ex e tu stai quasi per tirare un sospiro di sollievo quando scopri che lei si è appena lasciata con la sua, di ragazza, dopo tre anni e mezzo di relazione lesbica, se non ti permette di ridere che fa? 
E allora ridiamo, e beviamo, di quello buono magari, perché siamo golosi dell'attimo. E se tu non sai ridere non m'importa poi molto ormai perché sai, se ti interessa così tanto del tuo orgoglio da metterlo davanti ad ogni cosa, agli altri sentimenti, ai vivi e ai morti, ti lascio in compagnia del tuo rancore e cerco un nuovo vestito rosso, diverso da quello che porti.

martedì 8 gennaio 2013


Ridere, ridere di frasi sciocche ed accoccolarsi in un angolo caldo come i gatti in inverno. Andare alla mostra sul Novecento, giocando ad inventare titoli per le opere esposte prima di leggere quelli veri. E poi lasciarsi affascinare, come due capre, dall'arte "vera" dell'esposizione perenne, che quella contemporanea è divertente come un parco giochi (non tutta, no: De Chirico, Bacon, ti strappano via i vestiti e brandelli di carne lasciandoti l'anima esposta coi peli ritti) ma da bravi incompetenti felici l'arte "vera" è quella che insegue una bellezza (o anche una bruttezza) più che il concetto.
Camminare per due ore fra un quadro e l'altro e poi rifugiarci all'Antico Bar, che io mi ostino a chiamare Antica Osteria, nel giorno del tuo precompleanno. Con i nostri aperitivi da 40 o 50 euro perché ci facciamo sempre fregare da qualche voglia, quel calice di Valpolicella Superiore o quel formaggio di capra dall'aspetto succulento.

Ci stiamo costruendo un mondo, una bolla che prima o poi dovrà pur scoppiare, quando ci sarà da fare i conti col mutuo o cominceremo a somigliare ai nostri genitori, e dobbiamo iniziare già a costruire i nostri punti fermi su cui continuare, allora, ad amarci lo stesso. Perché è facile adesso, quando usciamo a pranzo per il tuo compleanno e ci baciamo nella piazza degli scacchi e mi smagli le parigine con gli occhi e poi quando vedi il mio regalo piangi come un bambino a cui non abbiano mai regalato niente. E' facile, adesso, con il mio compleanno che apre le feste ed il tuo che le chiude. Quando i fotomontaggi risolvono le cose e bastano un po' di forbici e photoshop per sistemare quello che non va. Quando sembra che Smaug divori le ore che passiamo insieme, tanto corrono via, e i sensi di colpa rimangono alle spalle.

Spero, anche quest'anno, di continuare a trovare persone migliori di me da cui prendere qualche piccolo esempio, niente di presuntuoso o eclatante: di quel documentario su Nureyev, così fiero ed esigente, così caparbio - lui nato in treno da un padre militaresco - da costringere il mondo ad inventare nuovi termini per descriverlo, prendo la speranza di non smettere mai di osservare. Spero di non perdere quei momenti che ritaglio per me, da cui guardare meglio le cose. Questo è il mio buon proposito per il 2013.
E imparare a cucinare.

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