amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

martedì 23 ottobre 2012

Trenta, e perciò si festeggia, che dici, si brinda e si cena l'ennesimo che gira la boa - sbeffeggiato da chi l'ha già passata, applaudito da chi ancora manca. E che tu abbia i jeans sformati o la giacca, a chi importa? Siamo tutti qui, tutti insieme in quell'ingresso stretto che sembra una taverna di briganti lungo la strada. E tutti a camminare di qua, a camminare di là, è una danza di palloncini colorati questa benedetta cena a sorpresa. Per una sera, abbiamo voglia di essere felici senza pudori. E non importa se quando sei felice la gente diventa cattiva, non importa cosa dicono, non importa se la ex del Carota vuole i tuoi posti e le tue persone che prima disprezzava. Stasera non importa. 
E' una serata che gocciola, e non so se chi non conosce la nebbia padana ne abbia, di serate così - che entrare in un covo di briganti è come un'epifania, e poi magari uscire e infilarcisi in mezzo, alla nebbia, per baciarci scappando dal mondo che gocciola e sparisce, e poi sbucano due chitarre e allora si rientra, sì, con due chitarre e tre voci che diventano quattro, diventano cinque poi diventano venti, e il gestore indeciso se fermarci o cacciarci si unisce a noi con un'altra bottiglia di vino, ed una specie di mariachi che suona in piedi sulla sedia perché è tornato a quando di anni ne aveva venti anche lui ed era famoso, e adesso è un po' meno artista e un po' più ubriaco, forse. 
Che poi cosa vorrà dire venti, trenta o sessanta, a me pare che siamo tutti nello stesso punto stasera, la ragazza che voleva il Carota e mi guarda con aria di sfida e quella che viene dalla Siberia e mi racconta che quando scendi dal treno trovi il paese più vicino dopo seicento chilometri di neve e di bosco. E poi a una certa ora il trucco si squaglia, i single fanno i ruffiani e la ragazza ti carambola sguardi, ma fa niente che fuori fa freddo e qui sembra ancora presto ed abbiamo ancora vino.

martedì 16 ottobre 2012

Basta stringerlo un po' più forte, per gioco, quel calice di rosso che tenevi in mano, perché si spacchi in mille pezzi e due persone si feriscano. E' capitato domenica sera, riuniti da qualche parte a scaldarci con le voci e a guardare Baumgartner alla tv di un locale, tifando come si fa solo per i pazzi o i perdenti. Ho pensato, allora, a com'è facile rompere qualcosa stringendo troppo forte; bisogna essere sobri, con le cose cui si tiene davvero.

Mi ci sono ribellata per anni, io che sono impulsiva ed entusiasta e dovevo lottare contro i modi inglesi del Tomtom, e adesso che il Carota è così affettuoso mi accorgo di essere un po' inglese anch'io. Adesso che il Tomtom torna, chiama e scrive solo per essersi accorto delle mie valigie pronte. Ma io non posso tornare indietro solo perché mi è familiare come la strada di casa, o perché, dentro di me, faccio delle incursioni nel passato un'abitudine salvifica - me l'ha insegnato lui, con la sua cautela e la sua costanza, che certi bicchieri non si possono riparare.
Per quante altre volte potrai arrabbiarti, sanguinare, stringere il bicchiere prima che il vetro si infranga? Quante crepe puoi ancora rischiare? Altre mille? Forse una.

Ne ho dovuti infrangere tanti, di bicchieri, per impararlo, e adesso fa così parte di me che non riesco ad immaginarmi senza. Mi dispiace. Dovevi pensarci. E' diverso da me, il Carota, così diverso che qualche volta mi viene il dubbio che lo sia troppo, in quell'eterna bagarre tra il mio cuore e la mia testa che vanno sempre in direzioni diverse e che in 29 anni non ho mai capito come mediare, dando retta ora all'uno, ora all'altra. Però la verità è che ho sempre cercato, nelle persone, qualcosa che non avevo - quello che mi manca. E' bello somigliarsi, non dover spiegare perché si ride, intuirsi così, che se ti regalo Franny e Zooey è perché lo so, che dentro la vasca fai come Zooey, anche se non ti ci ho mai visto. E' bello e facile e dio lo sa se ho bisogno di qualcosa di facile a volte, però non è quello che mi serve. Non ho bisogno di simbiosi per stare bene con qualcuno, o con me stessa, come non ho bisogno di caviale o foie gras per cenare. I miei spazi sono un ottimo modo per stare bene con gli altri, senza l'ansia di condividere ogni pensiero; la simbiosi va bene con le migliori amiche dell'adolescenza, quando coordini perfino i sogni, e ho smesso di crederci prima ancora che un incidente mi portasse via la mia, sei anni fa. Fare le stesse cose è facile: è costruire fiducia e rispetto che richiede crepe e sangue, e aiutarsi un po' ogni giorno e non litigare mai in piedi.

Quello che mi serve è l'armonia di due note, di due gusti diversi che si mescolano creandone uno che non conoscevi prima. E non lo so se è con lui che riuscirò a crearlo, ma adesso mi servono le sue mani, così incredule mentre mi bacia sfiorandomi come se fossi una pietra preziosa, così forti quando facciamo l'amore e mi prende per l'anima e per i capelli. Mi serve mangiare una pizza a gambe incrociate sul letto facendomi raccontare come, ad un certo punto, si sia tirato su le maniche ed abbia salvato la sua famiglia con quella sua intelligenza gentile, più gentile della mia.
E che importa se non ama leggere, ci sono già io a leggere, non mi serve finché mi chiede se guardiamo quel film, finché sghignazza per come mi addormento e cerca insieme a me i bigolari perduti in collina, finché sopporta le mie improbabili mostre e trova il lato comico e quello paziente delle cose. Finché mi scalda, sotto le coperte, non solo la pelle ma soprattutto quella cronica mancanza di fiducia che ormai mi portavo addosso.

La crepa fatale non è diversa dalle altre: è piccola, subdola; perciò bisogna stare molto attenti alle strade familiari, agli scorci di ogni giorno; mantenere quella curiosità che si ha per le botteghe umide di barbieri scalcinati in qualche borgo, e non so perché, ma è un'immagine che mi consola.

martedì 9 ottobre 2012


Se penso ai momenti migliori delle mie amicizie non c'è mai qualcuno che sceglie o che offre soluzioni; c'è quel modo di stringermi forte il braccio mentre tento di non piangere, di arrivare a casa mia con una torta alla cioccolata, di rimanere chiusi fuori insieme a me e fumare un sigaro alla vaniglia guardando la notte dal terrazzo, così pieni di stelle da accenderlo dal lato sbagliato.
Sono quelli, i modi in cui combatti per qualcuno. Essendo lì quando ci devi essere, senza che lui (lei) ti chieda di rimanere, e non solo quando ti piace esserci. Facendone parte anche quando non vorresti, quando non ti piace, quando fa male. Se mi lasci indietro nel momento in cui avevo più bisogno di sentire che mi amavi, cosa resta? Se mi lasci indietro perché in quel momento non sono come mi vorresti, era me che volevi?

Il punto è che la vita non va mai, mai come vorresti che andasse - o anche solo come pensavi che andasse; altrimenti scriverei libri per bambini e passerei a prendere Marta il giovedì sera, viaggerei di continuo ed avrei una bestiolina, Sebastiano oppure Linda oppure Sofia, che piange tutta la notte e ride tutto il giorno.

Non ho più giustificazioni da dare a chi non sa essere felice per me. Specie se sa come sono stati i miei ultimi due anni. Ho trascorso questi due mesi a preoccuparmi ogni giorno per gli altri, tutti gli altri, a farmi scrupoli per come ci sarebbero rimasti gli altri, ed erano tanti, e ne hanno approfittato pensando solo ai loro sentimenti come gnomi inzuppati di meschinità. 
E sai una cosa? Se c'era una persona su cui credevo di poter contare eri tu, ed invece sono proprio quelli che avrebbero potuto reagire peggio ad essersi dimostrati persone belle. Noblesse oblige.

lunedì 8 ottobre 2012


Uno si fa una certa idea del suo fine settimana, ché è venerdì e non ne può più, e non vede l'ora di andare a quel concerto con amici buoni e amici vecchi, e ballare e mettere lo smalto giallo zucca in macchina con la Scila, e Nicole avrà la ballerine "to kick some ass", come ti scrive in un sms, nel caso l'ex del Carota intenda farti uno smokey eye. Il sabato poi compleanno della figura paterna, con una passeggiata a Marostica per fargli vedere la casa vecchia in cui ti piacerebbe abitare, e poi lasciare che scelga dove festeggiare tra quell'enotechina nuova, quella con la pergola, la trattoria tipica in collina, la taverna storica a ridosso delle mura, il locale jazz e anche la pizzeria di Apo che faceva il cantante o il corista, non si è mai capito, ed ha alle pareti foto con il papa e giannimorandi, e te ne parla, io e il giannimorandi, come se fosse uno di loro. E poi la domenica finalmente assaggiare quel salame meraviglioso che hanno comprato e ti si scioglie in bocca, e se è una giornata di sole andare a vedere la festa nel centro storico come quella volta, quell'altra domenica, prima di rintanarsi a fare l'amore all'infinito.
Riempirsi gli occhi, il cuore e la pancia di ricordi per l'anno prossimo, un gruzzolo di speranza per il 2013, che se questo è ciò che abbiamo alle spalle, allora andrà bene. Allora potrò continuare ad addormentarmi nel bel mezzo di qualcosa - leggendo la Trilogia della Fondazione, completando un cruciverba in bianco, dicendomi "Ora guardo Doctor Who" - e soprattutto mentre mi scrivo col Carota, ché stiamo parlando e all'improvviso non ci sono più, e le prime volte lui prendeva anche paura.

Poi c'è la realtà, che al n.15 è un altro paio di maniche - ed è sempre un po' da Pomi d'ottone e manici di scopa.

Perciò via di compleanno della figura paterna, con la figura paterna talmente indebolita dalla radioterapia che quasi ti fa un collasso mentre la figura fraterna, che doveva chiamare alle 13 per accordarsi, scompare dalla faccia della terra per cinque ore, e ad un certo punto tu non sai più se chiamare prima l'ambulanza per fp o i carabinieri per ff.
(tutto è bene quel che finisce bene. N.d.A.)
Presunti amici che inventano spazzatura, vabbé, quando vedono che gli altri sono felici, entrando nelle vicende private altrui come schiacciasassi. Ex (tuoi, altrui) attaccati con la supercolla.
Milf ultra40enni agghindate come diciottenni ad una cena elegante di Arcore, e lo giuro che il mio lato ironico è ben sviluppato, ma il mio post su di loro doveva intitolarsi "Gallina vecchia fa buon brodo, ovvero: le cose che NON farò dopo i 40 anni" dopo averle viste, in un locale mediamente chic, cominciare a ballare come se non ci fosse un domani denudandosi progressivamente, smorfioseggiando con tutti i 30enni presenti (chiamiamolo così, quel film erotico anni '70) e strusciandosi sui musicisti e sulle aste dei microfoni dei musicisti. Carota compreso, che trovandosi una tizia a 90° che gli sculettava addosso mentre cantava, ha sollevato le braccia sopra la testa con lo sguardo da "Lo vedi, vero, che io non sto facendo nulla??" mentre noi, laggiù nel mondo, sghignazzavamo bevendo limoncello.
O la scena meravigliosa in cui stai sorseggiando un buon rosso con la Scila e al telefono con il Carota nel momento in cui arrivano l'ex del Carota mano nella mano con il fratello della Scila e il vino rosso carambola dentro la tua borsa perché la sorpresa è troppa perfino per lui.
Dopo un week end umano così faticoso, capisci, l'unica speranza è cominciare la settimana con un lunedì pieno di gatti!


martedì 2 ottobre 2012

Babel

I cry Babel, Babel, look at me now, the walls of my town 
they come crumbling down

[...]
You'll build your walls and I'll play my bloody part

To tear, tear them down.



"Non ho mai conosciuto una persona che ci tenga come te. 
Tutto quello che fai mostra che tieni alle cose, e ti incazzi anche, perché ci tieni, che si tratti di un fidanzato o di un'amica o di un'idea. Non ho mai conosciuto nessuno che ci tenga così."

Non essendo mai stata addomesticata in maniera decente, essendo orgogliosa come una spina ed avendo l'aggravante di alcuni anni di cura inglese del Tomtom, mi è più facile dimostrare che ci tengo incazzandomi che dicendolo. E' difficile da spiegare agli altri. 
Ed è bello scoprire che, qualche volta, non serve.




Foto postata online per cercare solidarietà contro quell'abile parcheggiatore (che poi erano due, entrambi meravigliosi, e meno male che sono una sardina).
Commento postato sotto:
"...E oltretutto è cieco!"

(Lo giuro. E' successo nel mio fb.)

lunedì 1 ottobre 2012


Non è necessariamente così, per esempio il Babu ha una precisione ed un'accuratezza che io posso sognare, ma quando una casa è abitata da soli uomini si vede. Manca qualcosa. Diventano tane.
Penso all'appartamento minuscolo del Barbagato, che scavalcava sacchetti e biglietti d'aereo per cucinarmi le braciole di cavallo e sembrava di passaggio. Alla prima volta dal Carota, con l'odore di fumo ed i puzzle alle pareti lasciati al di là della porta chiusa della camera.
Non è necessariamente così, certo, e che il Babu sia gay non vuol dire nulla, perché non è che abbia davvero tutto quel buon gusto che i cliché vorrebbero affibbiargli a forza. Il fatto è che ci passo ogni giorno, davanti al reparto di ginecologia dell'e.r., e mi trovo davanti questi mariti, fidanzati, fratelli, questi assistenti improvvisati che non sanno bene dove appoggiarsi, dove posare le borse e le mani. Aspettano che lei esca dalla sala operatoria e non hanno idea di cosa dovrebbero fare ed anche mio fratello, che è una meraviglia di serial killer per quanto riguarda la cura delle persone e delle case da rivista, quando la moglie ha perso il bambino ha chiesto a me di farle compagnia per un po', lì in ospedale, ché lui doveva lavorare, certo, ma il fatto è che le mani e le parole non sapeva dove metterle.
E' il senso di disagio delle giornate piovose in cui entri in una stanza e mancano gli attaccapanni. L'aria costretta di chi sta smettendo di fumare, con la faccia stranita di chi quasi ti incolpa per doverti chiedere "Come stai?", e mi fanno una tenerezza di quelle che correrei ad abbracciarmeli tutti uno per uno e a preparargli carne e vino rosso, se sapessi cucinare. 
Hanno lo stesso modo di fare, gli uomini che attendono le donne, di quando entri in una stanza e non sai dove appendere il cappotto.


..però questo non mi sembra né il teatro né l'auditorium di Galzignano Terme.
Con buona pace del tomtom (quello vero).

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