amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

giovedì 14 febbraio 2013

Busby Berkeley Dreams


Come si fa a vivere insieme per 45 anni senza ammazzarsi? O meglio, come si fa a vivere insieme per 45 anni senza riuscire ad ammazzarsi - ché l'altra mi pare impervia, come spiegava quel pedagogo che "quando lavorate coi bambini, se non volete strozzarli una volta al giorno state mentendo a voi stessi."
In tempi di intolleranza per tutto ciò che non conosciamo, che ci sembra differente ("io i marocchini non li sopporto, ma quello che lavora con me è una brava persona"), riuscire a tenere qualcuno vicino e non soffocare quando senti che inizia a somigliarti mi sembra l'impresa eccezionale che cercava Lucio Dalla. "Devo farti una confessione", cominciò Ivàn, "non sono mai riuscito a capire come si possa amare il prossimo. E' proprio il prossimo che, secondo me, non si può amare, mentre chi è lontano forse sì. [...] Per amare un uomo bisogna che egli rimanga nascosto; non appena mostra il suo volto, l'amore vien meno."
F . Dostoevskij - I fratelli Karamazov
E io che mi bullo di essere più tollerante di altri, io che come Ivàn amo le persone ma reggo male due ore nella stessa stanza, quante volte avrò ferito qualcuno per impazienza? Se ami qualcuno non dovresti accettarlo tutto, tutto intero, anche quando sbaglia o ti ferisce? Fino a dove è giusto arrivare, perché i compromessi non inquinino il rispetto? Come si fa a non lasciarsi dopo dieci anni per un dentifricio senza tappo o una risposta sgarbata?
Alla mia mente da sempre vecchia fa da bilancia l'emotività di me bambina di cinque anni, per la quale, negli altri, un litigio furioso non ferisce quanto un dubbio. Mi aspetto che chi mi ama mi ami sempre, no matter what, come un genitore; o almeno come i miei genitori, ché l'amore non ci è mai mancato, e nemmeno il divertimento, qui al n.15 dove ce la godiamo come gli sciocchi, e pazienza se la zia ha 5 case invece, a ognuno il suo inferno personale. Sono diventata grande con la consapevolezza di avere qualcosa di importante da dire. "Spiegami", mi dicevano quando avevo qualcosa. Non "è solo una bambina". Ho avuto il tempo di guardarmi intorno e guardarmi dentro, e di giocare, tanto, ed altrettanto di farmi domande.
Fino a dove l'impegno deve superare la spontaneità? Mordersi la lingua deve superare salvarsi il fegato? Forse potremmo scriverlo sui muri. "SONO INCAZZATA", dovremmo scrivere, o "BRUTTO STRONZO", anche se non sono certa che trovarsi la porta del bagno imbrattata alle sette del mattino sia meno aggressivo di due urla. Magari un posto più piccolo, con una lavagnetta. Lo sgabuzzino dei litigi, dove si baruffa a volontà ma si esce con le cose sistemate. Ecco, sì, obbligarsi a sistemarle, le cose, che non si va a letto arrabbiati. Ma non è per niente semplice distinguere l'antiquariato dai rottami, e poi ti cambia tutto sotto il naso così velocemente che appena hai scoperto il segreto, quello ti cambia di nuovo, e allora forse l'unico segreto è la flessibilità, e le rocce non hanno mai fatto bene a nessuno (ybris, la chiamavamo al liceo) ma soprattutto il buon senso di non comprarsi un bellissimo gilet, quando ti fa sembrare un gelataio, è roba per pochi.
Bisogna scoprire fino a dove arrivano i principi e dove iniziano le zavorre. Con pazienza (ahi), con onestà; senza livore o invidia e senza mentire, ché mentire agli altri, forse, è perdonabile, ma con se stessi no - magari dirselo piano, ecco, questo sì, provando a non affilare le unghie il giorno prima; provare a non essere sempre severa con me e con chi vuole stare con me. Ridere, che son cresciuta così, gioiosa e spettinata, in questa famiglia onesta e piena di bene, e se ieri ho detto alla figura paterna "Guarda che se mi muori dal ridere te lo scrivo sulla lapide" la verità è che sulla lapide io gli vorrei scrivere che "Un uomo onesto rimane sempre un bambino", come diceva Socrate, e magari sembrerà un pensiero strano, stare qui a immaginare la lapide, ma crescere con genitori più vecchi ti dà una prospettiva che spesso gli altri non capiscono, e si finisce molto più spesso nei Busby Berkeley Dreams, direbbe Stephin Merritt. L'importante, dai, è resistere 45 anni. Ci proviamo no?

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