amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

venerdì 18 giugno 2010

Da oggi sono incinta


A dire il vero era uno di quei giorni in cui mi sentivo così svogliata che avrei voluto, lì davanti ai miei piedi, uno di quegli scivoli che partono dall'ottavo piano piombando direttamente di fianco alla mia macchina, anzi, perché no, proprio dentro attraverso il finestrino abbassato, anziché dover fare scale e corridoi e poi ancora scale e infine un altro corridoio prima di uscire all'aperto schivando persone e attraversando la provinciale fino al parcheggio soffocato d'asfalto che evapora fumi densi come figure geometriche.
Però avevo uno di questi vestitini tagliati sotto il seno e più ampio sotto, con i leggings e le ballerine leggere (un po' per il nuovo taglio di capelli charleston, un po' perché l'altra sera io e la figura materna abbiamo sospirato frementi davanti a Sabrina e più che altro a Humphrey Bogart in grande spolvero).

La prima è stata una ragazza col pancione che mi sorrideva in maniera aperta e complice senza un perché; poi è arrivato l'uomo deciso ad aiutarmi.
Io, insomma, già credevo di essere partita con l'arteriosclerosi (non per niente avevo passato mezz'ora a meditare su quel delizioso asinello che pascolava insieme alle galline festanti, e su come rapirli per dare finalmente sfogo alla mia Armata dei Musicanti di Brema, desistendo dai miei loschi propositi solo dopo aver ricordato che ancora non saprei dove metterli e chissà, forse quando avrò il posto potrò anche salvare quelle deliziose caprette che convivevano senza problemi con il bianconiglio; un coniglio, a dire il vero, non rientrava nei miei piani per l'Armata, ma come dice la mia vicina sui suoi meravigliosi roseti quotidianamente saccheggiati dai passanti: un mazzo di fiori non si nega a nessuno) quando ho capito.

Insomma, mi credevano incinta. Mi sono venute in mente le volte in cui, dai diciassette anni in poi, fingevo quel meraviglioso pancione che mi portavo a spasso dopo averlo studiato nei minimi dettagli perchè sembrasse vero e ok, forse l'exex aveva pure ragione a dire che gli sembravo quella pazza di Dharma.
Però anche se in realtà ho un pancino piatto come il marmo e vedere altro dipendeva più dal desiderio altrui di sorridere e avere contatti umani e di fermarsi a caso in un punto disperso oltre la burocrazia quotidiana per saccheggiare momenti come quando, da piccola, quel fantastico orso di pelouche gigante ti chiamava dalla vetrina e tu ti fermavi ad aspettarlo sotto le luci incredibili di Natale, proprio per questo, perché rinunciarci?

0 Comments:

Post a Comment