amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

martedì 11 dicembre 2012




Sensazioni, emozioni, odori, ricordi. Vagonate di impressioni che ci portiamo dietro fin da piccoli, per un momento preciso successo un giorno che adesso non si sa più quale sia. Quand'è stato che ho iniziato ad odiare il caffè così tanto che non posso nemmeno sentirne l'aroma? Quando, per cosa? Quando il grattarmi la testa in una certa zona è diventato una fonte indescrivibile di benessere? La figura materna dice che da neonata quello era il suo modo di farmi addormentare: è stato da lì? La sensazione di disagio, in inverno, per la doccia troppo calda quando fa buio, ché è domenica e si va alla messa delle 18, quella che ti interrompe a metà e rovina tutta la giornata. Quanti, per quelli che portiamo con noi, sono andati perduti?
Per un odore di crema solare al cocco che mi catapulta a quei momenti di assoluta libertà di luglio e agosto al mare, subito dopo pranzo, mentre tutti dormono e il bello della giornata deve ancora venire, quando le amicizie e le novità promettevano ancora l'infinito e non c'era nulla a compromettere l'allegria e le emozioni esagerate - quanti altri sono rimasti alle spalle?

Poi cresci e scopri che i primi della classe sono quelli che non sanno nulla, perché non si chiedono nulla di tutto questo, non si chiedono le cose. Non alzano il naso dai libri (il che fa ridere, lo so, detto da una che, tra i libri, lo considera uno dei posti più belli in cui mettere il naso) e dalle verità precotte. Non guardano, non toccano, non hanno punti di domanda e sono convinti che il mondo non faccia altro che starli ad aspettare, come Polillo che parla dei tedeschi e degli italiani.

Ti voglio bene, postman, sei stato veramente un mio amico ma la verità è che io con la tua vita ormai c'entro poco, perché tu hai questa capacità di sostituire le persone giacché l'importante non è chi, ma il ruolo che ricoprono in relazione a te, e sappiamo bene che io sono stata sostituita da un pezzo. Perciò non te la prendere, dai, se non vengo al tuo compleanno e scappo fra la neve ed i calderoni di brulé dei mercatini di Natale, a scaldarci le mani col fiato prima di mangiare lo spezzatino di baita e ad un certo punto battere i piedi perché a Trento, quando cala il sole, neanche il brulé ce la fa, tra le luci e le facce di chi, quel po' di bene e quel po' di male, te li vuole per chi sei e non per come gli giri intorno.

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