amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

lunedì 22 novembre 2010

Direzioni diverse

E così, piove. Un'altra buona scusa per raggomitolarsi contro i gatti, contro i libri, contro i ricordi e una figura materna miope, miope quando ti dice, tirandolo fuori da chissà dove, di vederti più rilassata rispetto a quando stavi con lui. Ancora non ha capito che rilassata non è, non sarà mai, il mio stato naturale, non ha nulla a che fare con me. Ciò che a lei sembra rilassata vuol dire depressa, o ignava, o menefreghista, o così isterica che se non rimuovo la realtà facendomi piccola in un bozzolo di autismo congelato, finirò a spiaccicare la testa contro il muro. Non sono mai rilassata. Nel bene o nel male, non sono mai indifferente.
Piove, ed è una buona scusa per rimanere a casa, non vedere quell'amico che ride perché gli correggi la grammatica, per scappare da chi ti fa regali o ti chiama troppo, e da quelli apparentemente troppo felici. Che sia serenità svegliarsi di notte ed uscire a bagnarsi la faccia nella pioggia per l'angoscia che quegli incubi ritornino, quelli che ricordi ancora così bene che, se ti svegli di notte, il pensiero non ti lascia più dormire?

Non ho mai avuto problemi di destra e sinistra. Mai stata uno di quei bambini, o adulti, che per non confonderle devono alzare una mano e non ricordano da che parte si trovi il cuore. Ho sempre saputo dove si trovasse e poi, un bel giorno, me ne sono dimenticata. Me ne sono fisicamente dimenticata e, non per metafora, non avrei più saputo dire dove si trovasse. Di qua, di là? Non so da dove sia derivato quest'inceppamento improvviso durato alcuni mesi, un anno ma poi, ad un certo punto, mi è piombato addosso qualcosa di così forte che sì, senza dubbio mi sono ricordata dove fosse, lo sentivo dentro come un tamburo senza più spazio per l'incertezza. E così uno se ne tira fuori come può, ed è trascorso un altro week end di festa e anche stavolta si è riso con Marm, tanto, o a conoscere Germano, o a sentire i discorsi di Braghy e finendo a ritrovarsi con due mojito in mano e Daniel che ti lecca una guancia per una serie di foto improbabili.


E poi, di nuovo, il lunedì mattina arrivi in ritardo perché appena alzata ti sei guardata in faccia e cosa potevi fare se non scoppiare a piangere? Sarò rilassata, se per la strada canto a squarciagola una canzone (che a volte capita che una ti prenda più delle altre, mi ricordo la prima volta che ho sentito Black e l'ho ascoltata per una giornata intera camminando in mezzo alla nebbia, e quest'altra è una canzone vecchia ma non importa, è qui, le cose vecchie a volte tornano come un boomerang e adesso sono tutte qui, e mi fissano, e mi basta sentire y dejemos que lo cierto sea lo que imaginamos per crollare, o la voce di Stratos). Mi basta una notizia, che è una gran bella notizia ma mi ha strappato il cuore di dosso e l'ha lanciato nell'acqua e sarebbe stato davvero bello invecchiare insieme, nella stessa direzione come direbbe Capovilla, adesso che c'è questa notizia bellissima e invece son qui che mi arrabatto, e riempirsi di persone non serve, le persone non arrivano mai gratis, prima o poi ti chiedono conto di qualcosa e, a dirla tutta, la maggior parte di loro non fa altro che gettarti più forte nel pensiero che, in quel momento, in fondo vorresti essere altrove.


Era una notizia bellissima ed io sembro rilassata ma sto qui a scorticarmi le mani da sola mentre penso che forse sono io, sono io che non sono adatta a stare con nessuno se ho dovuto dire basta alla persona che amavo con tutto il cuore e forse sono semplicemente così, danneggiata.

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