amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

lunedì 4 aprile 2011


Uno (io, per esempio, di tanto in tanto) si può giustamente chiedere da dove venga questa mia allegra tendenza a mandare le cose a rotoli appena sembrano funzionare o quantomento ad incasinarle per bene: la risposta, ora l'ho capito, è Jin Munataka.
Il fatto è che in sostanza il mio irreparabile modello ideale di storia d'amore è Jenny la tennista (Ace wo nerae!), e già questo può dare una chiara immagine dei grossi virus cerebrali che infestano le mie sinapsi. Nello specifico, tutti i miei epici film mentali dall'adolescenza in poi si basano su questo dualismo irrisolvibile tra il maestro e l'allievo con condimento pregnantemente eroico; ho iniziato a tredici anni con il maestro di chitarra vs il ragazzo che suonava con me e anche negli anni successivi, nonostante una dichiarata preferenza per la categoria Jin, non ho mai più saputo decidere in maniera definitiva fra lui e Todo, indulgendo ora verso l'uno, ora verso l'altro.
Per andare sul sicuro, inoltre, sono rimasta così fedele al copione che da Mark Owen a Lambiel a un certo punto della storia li ho fatti fuori un po' tutti (no, Lambiel è l'allievo, perciò non muore), libera finalmente di vivere da sola quel grande amore incomparabile.

Giuro che Freud si divertirebbe un sacco.

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