amo le rughe, la rabbia, le ninnenanne, la carta, appiccicare cose alle pareti, avere le dita sporche d'inchiostro, il pane, l'acqua, camminare scalza, i lucernari, le vecchie corde della mia chitarra, le biblioteche, leggere tra le righe, i treni,le altalene, perdermi, i bastoni della pioggia, le bacchette magiche, i pistacchi, i pacchetti, i regali, il mojito, fare l'amore, la polvere innamorata negli occhi.

martedì 12 ottobre 2010

Ricordare un'abitudine

Quando il dolore è così vasto da essere lancinante, in ogni momento, anche mentre ridi e ti dicono "credevo di vederti giù", anche mentre balli, anche mentre stringi qualcuno che non vedevi da troppo tempo, una serata con la mia gentaglia è ciò che serve.
Perfino se il prezzo da pagare è un piede mezzo rotto senza riuscire a ricordarne il perché ("Non me lo ricordo" non è una gran risposta da fornire quando il lunedì ti chiedono cosa ti sia successo. Perciò quel cristiano che non mi stava nemmeno simpatico ma che ieri sera, dopo la trentacinquesima risata, ha commentato "Ma dai che a me fai tenerezza presa così oggi, sei da coccole!" è stato assunto nell'Olimpo dei miei migliori amici a carattere imperituro amen).
Anche se bevi qualcosa che non ti piace, ma l'importante è superare il quarto bicchiere che poi di solito comincia a sembrarti buono. Anche se alle 4 se ne vanno quasi tutti e restate in tre a ordinare da bere e ballare come esaltati e fare sandwich come adolescenti, e lì in pochi è quasi più bello di quando eravate in tanti, a parlare e straparlare e andare
al bagno tutti insieme perché "sei una ragazza, mica vorrai che ti lasciamo da sola in un postaccio come questo?"
E' che con il Tomtom che diventa Motmot ci vuole la serata pop, un po' kusturica, in cui fare le bolle di sapone, scattare le foto sceme di ogni volta e abbracciare tantissimo, e vedere che fa buio e sentire il calore che entra e che esce dalla porta ad ogni sigaretta, e l'estate che ormai è finita eppure ci si ostina ancora a lasciare la pelle scoperta, e se a qualcuna sale troppo la gonna non importa da quanto tempo ci conosciamo, troverai sempre un clandestino impegnato a sbirciare o a far partire i flash.
E poi una conversazione in spagnolo, le bolle di sapone, e tu hai un vestito nuovo e cento cose da dire e mille altre a cui non pensare e musiche diverse, voci diverse, le stesse facce per nuovi scherzi. Mi ero quasi scordata dei loro respiri, dei loro ritardi, di quel modo di ridere insieme di notte, e qualcuno ritorna da un viaggio, qualcuno è partito e si tira avanti, tutti, e poi alle sette i fusilli alla pancetta stappando una bottiglia di rosso sembrano un'epifania sulle nostre esistenze, ché non andremo a dormire nemmeno questa volta ma almeno si mettono i Creedence alla radio e si torna a casa con il sole.

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